LUI SÌ che se ne intende. Marco Tarchi, scienziato della politica, docente nell’ateneo fiorentino, da anni studia la destra (radicale) e i populismi che attraversano il nostro Paese.
Professore, Silvio è rinato?
«Una rondine non fa primavera. Il dato di Forza Italia è lì a dimostrarlo. Chi pensa che con l’ex Cavaliere in campo tutto tornerà a posto, si illude. Il centrodestra è in una crisi profonda e il successo di Toti – che dovrà comunque vedersela in Regione con una maggioranza di leghisti nella sua coalizione – non cambia la situazione».
Il vero vincitore è Salvini…
«Non c’era dubbio che, cavalcando temi molto sentiti dal pubblico su cui gli altri partiti si guardano bene dall’intervenire per non sporcarsi l’immagine – primo fra tutti l’immigrazione –, la Lega avrebbe guadagnato molti voti».
Dove va la Lega senza Berlusconi?
«Può raccogliere molti più consensi dei suoi eventuali alleati. E se l’Italicum non cambierà – perché Renzi dovrebbe concederlo? –, l’idea di una lista-partito unica di centrodestra in cui la Lega dovrebbe annacquare i suoi connotati è molto improbabile. Per Salvini sarebbe controproducente».
E le performance di chi ha mollato Forza Italia?
«Fitto a parte, molto deludenti. Parlano le cifre. Alfano e i suoi, schiacciati dalla partecipazione a un governo su cui non incidono minimamente, sono al lumicino, e i loro proclami, per quanto scontati, sono velleitari, soprattutto quando intimano di mettere la Lega alla porta di una coalizione di cui si vedono mosche cocchiere».
La ‘nuova Lega’ allontana gli elettori moderati?
«Molti moderati sono passati con Renzi, altri sperano ancora nella resurrezione di Berlusconi. Non è lì che Salvini può trovare sostegno. Davanti a sé ha la prateria dell’elettorato populista, del voto di protesta, del possibile recupero di molti disgustati dalla politica per ora sono rifugiati nell’astensione. Anche se Grillo, su questo versante, resta un concorrente pericoloso».
Silvio deve tornare a parlare con Renzi?
«Sarebbe un formidabile boomerang. Il patto del Nazareno ha disgustato molti dei suoi elettori e ha accentuato la crisi di Forza Italia. Quel che ha raccolto in questa tornata è frutto del ritorno, almeno formale, all’opposizione. Una retromarcia renderebbe gli equilibri interni ancora più instabili e segnerebbe la sua liquidazione definitiva».
Davvero Renzi è un derivato del berlusconismo?
«I punti di contatto ci sono: la mistica dell’‘uomo del fare’, l’insofferenza per i vincoli istituzionali al proprio ruolo, la convinzione che la politica oggi sia un cocktail di marketing e personalizzazione… Ma le somiglianze maggiori sono sul piano del carattere: entrambi vogliono accentrare le decisioni nelle proprie mani, hanno una formidabile considerazione di sé, sopportano a fatica le critiche».