TI BOCCIO. Ti promuovo. Sospendo il giudizio. Nelle urne come all’università. Specie se il nostro interlocutore si chiama Panarari, Massimiliano Panarari, classe 1971, reggiano doc ma soprattutto docente di marketing politico alla Luiss Guido Carli di Roma.
Grillo s’è visto pochino…
«Profilo basso. Un passo indietro. Meglio: di lato. Però, è mossa non casuale, credo. Forse vuol vedere se il Movimento sa muoversi da solo. Senza il povero Casaleggio e senza di lui. Vuole creare una classe dirigente. Una sfida impegnativa».
Renzi: un diesel?
«Ha depotenziato le amministrative. Facendo venire il legittimo sospetto di una intrinseca difficoltà. Poi, e mi riferisco a Roma, ha mutato passo in corso d’opera. Però resta a metà del guado. E con un partito in condizioni pessime. A cui lui, segretario, non ha messo mano».
Berlusconi non trasforma più…
«… in oro quel che tocca. Un’epoca è finita. Si veda Roma. Ma non crediate che il berlusconismo non condizioni più la vita italiana».
La Lega di Salvini?
«È in campo. Però le sue aspettative erano più elevate. A Roma ha preso una sberla niente male. Il progetto di destra lepenista non si è affermato. Comunque a Bologna si gioca il ballottaggio».
Bologna: Merola colpevole?
«Non totalmente, piuttosto concorso di colpa, perché il modello emiliano è finito. L’impresa privata gioca un ruolo propulsivo da decenni più della politica. Sconta il fatto di venire dall’apparato. E in tempi di personalizzazione ci vuole un profilo forte. Borgonzoni? Ha fatto una buona sintesi per il centrodestra puntando sulla sicurezza e con l’aiuto forte di Salvini. E poi lì funziona sempre l’antitesi comunismo/anticomunismo»
A Torino Fassino è stanco?
«Caspita! Non ha amministrato male. Eppure c’è poco da fare. Viene identificato come il tipico rappresentante dell’establishment. Il che è grave in una fase di antipolitica così evidente. Appendino dei Cinque Stelle, nonostante sia donna molto sabauda, espressione, paradossalmente, proprio di pezzi dell’establishment, ha invece capito che i suoi concittadini detestano i torni urlati. Eppure ha picchiato bene sul progressivo impoverimento di parte dei ceti medi e popolari. Insomma, una pentastellata assai poco grillina».
Vediamo Milano.
«Eh… lì la sinistra non ha saputo elaborare il lutto. Giuliano Pisapia era riuscito in un’impresa impossibile. Nel capoluogo lombardo hanno contato molto le biografie. Parisi piace per il tono tranquillo e piace a una certa borghesia e al mondo degli affari. Ha tagliato le ali alla Lega, che infatti ha raggiunto un risultato al di sotto delle aspettative e si è tirata indietro, e ha saputo sfruttare un passato socialista non craxiano. Sala, invece, è apparso troppo renziano. Basta vedere la freddezza della ‘sinistra-sinistra’: Basilio Rizzo gli ha promesso un appoggio per domenica che definire freddo è comico eufemismo…».
Per Roma c’è chi dice che Giachetti abbia fatto un miracolo.
«Chi lo dice non sbaglia. Pensate da dove partiva… Un Pd impresentabile. Gli ultimi sindaci catastrofici. La Raggi? Mah, il contesto le era favorevolissimo. E lei è stata brava a fare i suoi compitini. Compitini, ripeto».
Napoli esulta per de Magistris.
«Il quale ha saputo inserirsi nella parte della città che conta molto meglio di quanto si pensi. Lettieri? In teoria perfetto. Ma già una volta candidato e in campagna elettorale non è riuscito a fare granché».