Più liquido di così…

LA NARRAZIONE renziana – o vogliamo chiamarlo, con un certo sforzo, il romanzo politico del premier? – negli ultimi tempi manca di lieto fine. Il caso delle Unioni civili ne è esempio lampante. Allora: si scontenta l’ala cosiddetta ‘cattodem’. Si scontentano gli alleati. Si scontenta una discreta fetta di partito (non solo la minoranza, ma […]

LA NARRAZIONE renziana – o vogliamo chiamarlo, con un certo sforzo, il romanzo politico del premier? – negli ultimi tempi manca di lieto fine. Il caso delle Unioni civili ne è esempio lampante. Allora: si scontenta l’ala cosiddetta ‘cattodem’. Si scontentano gli alleati. Si scontenta una discreta fetta di partito (non solo la minoranza, ma anche i fedelissimi come Monica Cirinnà). Si sbagliano le citazioni e i versi di Borges non sono dell’immortale autore (possibile che nessuno del suo staff si sia preoccupato di controllare? Dilettanti allo sbaraglio, come si dice, o che cosa?). Ma, soprattutto, non si riesce più, dalla stanze di Palazzo Chigi, ad avere un controllo degno di tal nome sui gruppi parlamentari. Un problema di non poco conto. Un problema che il presidente del Consiglio deve risolvere al più presto in vista dell’assemblea di domenica. Sì, perché sinché arriva qualche puntura di spillo dalla inoffensiva e inutile minoranza dei Bersani e degli Speranza poco male. Anzi, tutto sommato, fa comodo. L’opinione pubblica meno avvertita pensa che non ci sia un unanimismo, un capo che dice «son tutto io, e gli altri son nessuno», ma un libero confronto.

ORA, invece, il quadro è cambiato. Le ribellioni nell’impero renziano sono all’ordine del giorno e le truppe lealiste faticano a tenere l’ordine. Anche perché tra le stesse truppe si è, in modo più o meno evidente, aperta una lotta – ai vecchi tempi si sarebbe detto «una dialettica» – sin troppo franca. Segnali inquietanti che si aggiungono alla sempre più forte caduta di credibilità del Pd in periferia. Il guaio, però, è che le pagine si sono strappate proprio per un problema di leadership. Forte, fortissima fino a pochi mesi fa e ora costantemente sulla difensiva.

I casi sono due. O si è scelto uno staff non all’altezza – della serie: va sempre bene quel che dici, nostro capo supremo – o, ed è la constatazione che più convince, la storia del ‘partito liquido’ non regge più. Insomma, il tanto declamato comitato elettorale che seppellisce il modello-partito classico scricchiola assai. Scricchiola perché, poche storie, la disciplina si costruisce giorno per giorno, «villaggio per villaggio», come diceva il vecchio Pietro Nenni. Qui, più che di villaggi, siamo di fronte a parrocchiette. Con tanti preti. Che, si sa, fanno scherzi un po’ così. Da prete, appunto.

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