In tempi di crisi, roboanti promesse socio-economico-politico-sociali eccetera eccetera. In tempi di Europa preda di feroci e dannatissimi nazionalismi razzisti. In tempi di banalità di genere vario, permettetemi di dire – senza alcuna pretesa, per carità – che la letteratura è l’unico porto sicuro ove rifugiarsi. Come – metafora ardita – faceva Garibaldi in Sudamerica, quando, in camicia già rossa, lottava contro dittature d’ogni tipo e cercava scampo nelle insenature brasiliane e uruguagie. Ma non voglio divagare oltre.

Tra gli impegni d’ogni giorno che caratterizzano la mia giornata di giornalista-critico c’è la lettura dei cataloghi. Ho le mie preferenze, ovvio. Specie per la letteratura contemporanea. Iersera stavo leggendo una mail di Bompiani. Titoli belli e accattivanti, l’ho scritto più volte. Ma poi l’attenzione è caduta su un titolo: Il Buono, il Brutto e il figlio del Cattivo. “E che è?”, mi chiedo. Guardo l’autore. Sostiene di chiamarsi Nelson Martinico. Anni di letture mi inducono a pensare che no, non è credibile. Si tratta di uno pseudonimo. Infatti, vado alla scheda di presentazione e, accanto al viso sorridente e sereno di un sessantenne (spero di non aver fatto gaffes…), apprendo che ‘sto Nelson è un nom de plume. Usato in altre occasioni tra cui un romanzo dal titolo bellissimo (Dovevamo saperlo che l’amore, per i tipi di Lupo editore) che prima o poi dovrò leggere – anche perché, a giudicare dalle schede, si tratta di un’inquietante saga familiare sicilian-romana. Bene. Il nostro Nelson dichiara di essere stato una promessa del pallone, di aver fatto lo stuntman (ma sarà vero?) negli spaghetti-western e di aver insegnato latino e greco, di vivere “tra Roma e il Trapanese”.

Il titolo del romanzo mi ha, come si dice con verbo un po’ orrido ma non me ne viene uno meglio, “intrigato”. Vuoi perché l’ho associato a Sergio Leone, vuoi perché Quentin Tarantino è sempre accanto a me. Avevo ragione. Le pagine di Nelson (prima o poi vi scoprirò chi si cela dietro questo pseudonimo, statene certi) narrano proprio le vicende dei tre memorabili personaggi di Leone. Con il primo dei tre, il Brutto, che sta per uscire di galera dove ha saputo che il Buono s’è rifatto una vita e che il figlio del Cattivo è alla ricerca della tomba del padre (dove, guarda un po’, il Brutto ha nascosto parte del suo tesoro).

Insomma, un libro che dovrebbe (condizionale doveroso: aspetto di leggere le pagine di “Nelson”) essere spassoso e ironico. Ma che soprattutto, a noi che abbiamo qualche anno, forse susciterà nostalgie canaglie. Nostalgie di un cielo più blu. Nostalgie di speranze poi morte nel grigio della vita. Nostalgie di quei sentimenti di amicizia e forza che, a quei tempi, ci sembravano imprescindibili. Chissà. Per ora mi fermo qui. Ma io devo sapere chi è questo Nelson. E devo leggere Il Buono, il Brutto e il figlio del Cattivo.

Buona letteratura a tutti. (E’ l’unica che può salvarci, credetemi).