«Ragioniamo».
Sì, Roberto Giachetti. Ragioniamo.
«Allora – scandisce il vicepresidente della Camera, una vita da radicale, ora nel Pd – i casi che investono la politica sono molti».
Che notizione.
«Un attimo. Gli scandali sono molti, ma certo non possono essere imputati al Pd di oggi».
Giachetti, il Pd ha le mani in pasta con le coop…
«Non lo nego, ma non tutto. Dico però che tutto il fango che ci arriva addosso parte da lontano e non può certo essere imputato all’attuale dirigenza».
Mica è tutto illegale.
«No. Però molto è border line».
Si spieghi.
«Roma è la realtà che conosco meglio. La magistratura accerterà le malefatte, se vi sono. Ma la politica deve porsi un problema etico».
Che sarebbe?
«Se ci sono dirigenti e imprenditori che finanziano addirittura candidati in corsa per le primarie, qualcosa non va».
Perché?
«Il condizionamento è oggettivo, anche se non c’è illecito».
Leggi anticorruzione ne avete fatte.
«Se la politica pensa di risolvere il problema corruzione affrontandolo esclusivamente dal punto di vista dei reati, non ci siamo».
E che cosa deve fare?
«Non sottrarsi a quella responsabilità cruciale: autoriformarsi nei comportamenti etici».
E se non lo fa?
«Rincorrerà e correggerà in modo più o meno schizofrenico i danni piuttosto che evitarli».
Nello specifico?
«Facciamo una legge anticorruzione. E va bene. Poi, però, mettiamo le preferenze nell’Italicum. Preferenze che sono all’origine del male».
Portano malaffare.
«Non necessariamente. Però, condizionano».
È un compromesso con la minoranza Pd.
«Appunto. Proprio con chi le vedeva come il male assoluto. Hanno cambiato idea…».
Soluzioni?
«I cittadini devono dare ossigeno ai partiti».
Come per il 2 per mille?
«So benissimo che non ha dato i risultati che ci aspettavamo. Io avrei ampliato la possibilità di sgravi fiscali. Ma il dato da sottolineare è un altro: c’è la necessità di un principio di trasparenza».
E in che modo?
«Ad esempio presenterò un progetto di legge sulle fondazioni».
Quali i punti del progetto?
«I bilanci devono essere pubblici. Voglio sapere chi è il finanziatore e come vengono spesi i soldi».
Il cittadino che finanzia la politica. Lei è un sognatore…
«Non mi offendo, ma penso che questo metodo costringerebbe i partiti a lavorare molto meglio. Di mostrare il loro radicamento territoriale. Di essere aperti e trasparenti».
Rispunta la sua anima radicale.
«Ne vado orgoglioso».
Vabbè, niente finanziamento pubblico così solo il Cavaliere fa politica…
«Ma perché prima dell’abolizione non esistevano ruberie?».
Tutti ladri?
«Mai detto. Però ha ragione Raffaele Cantone. La ‘politica servente’ appare come un cameriere, un maggiordomo dei gruppi di potere. Cambiamo verso, è meglio. Credetemi».