MI SI NOTA di più se vado o non vado? Vero: citare Nanni Moretti in tandem con Massimo D’Alema (tutti e due, una volta, si occupavano di politica) è esercizio vecchio. Eppure non viene in mente altro.

L’ex speranza di una sinistra moderna e riformista (parliamo di D’Alema, non di Moretti) ha prima evocato la possibilità di fare i bagagli salvo poi (peraltro dopo aver aspettato due giorni) smentire. Seccato. È la solita stampa, bellezza. Quelle «iene dattilografe», di togliattiana memoria, citate dal lìder in anni ormai lontani. Che ascoltano e scrivono. Che, ma guarda un po’, cercano di capire che cos’è questo Pd.

Va dato atto a D’Alema di non smentirsi mai. Mesi fa chi adombrò l’ipotesi-scissione, fu duramente redarguito. Il problema è che quando parla l’ex premier dovrebbe capire che da qualche parte bisogna pur andare a parare. E che non basta una smentita, una battuta di Renzi («il mio Pd ha il doppio del tuo») oppure un’alzata di spalle del ‘compagno Bersani’ per fare macchina indietro. Perché o si sta in un partito e si lotta oppure, si leggeva nei romanzi d’appendice di fine Ottocento, «si prende cappello». Chiaro, l’impresa è difficile. Specie se, seccati, si proclama ai quattro venti: «Io mi occupo di politica internazionale». Quando sarebbe più logico un sereno: «Io non mi occupo di politica. Da anni».