LA LAURA furiosa. Ma soprattutto la Laura indignata di successo. Che s’indigna con il premier perché «non rispetta» il Parlamento. Che, sostengono dalle parti di Montecitorio, si indigna con il Quirinale per l’invito al leader di Forza Italia Silvio Berlusconi alla cerimonia di insediamento di Sergio Mattarella. Peraltro ricevendone in cambio un gelido «Signora, è il protocollo». Lei, che sta per mandare in stampa un libro sui primi due anni come presidente dello scranno più alto di Montecitorio. Forse, sussurrano alcuni, sarebbe stato più elegante aspettare la fine del mandato. E lei, indignata, chissà come avrà risposto. Di certo, che i libri sono una passione.

HA INFATTI scritto un saggio (Tutti indietro, 2010) sulle crisi umanitarie che ha affrontato – non dimentichiamo che ‘la Laura’ è stata portavoce dell’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati, l’Unhcr – e un romanzo. E che romanzo. Prosa secca – del resto, come dice il fratello Ugo, lei è «spartana» in tutto –, racconta la storia di Murayo, bambina somala malata che, portata in Italia da un militare italiano nel 1994, dopo 14 anni riconosce il padre in tv e lo poi riabbraccia. Un romanzo, Solo le montagne non si incontrano mai, disponibile, recitava la pubblicità, anche in e-book e in vendita su Internet a un prezzo speciale per festeggiare l’elezione alla presidenza della Camera (avvenuta il 16 marzo 2013). Ma non c’è solo la lettura fra le cose amate dalla Laura. Due i suoi capisaldi: conoscere le lingue e i meccanismi dell’informazione. Lo slogan è «credere che si può dare un contributo anche se non si può rivoluzionare il mondo». Eccoci al punto, la rivoluzione. Sì, perché appartiene a una generazione che non ha vissuto il Sessantotto (troppo piccina), ha sfiorato il Settantasette (troppo adolescente), non ha affrontato la Pantera a fine anni Ottanta (troppo adulta). Eppure, ha subìto il fascino di tutte le stagioni calde del secondo Novecento. Narrano che, novella ‘Che’ Guevara (rileggete i Diari della motocicletta e capirete) la vera svolta sia del 1981. ‘La Laura’ si reca in Venezuela ad aiutare i campesinos in una piantagione di riso. Salvo poi prenderci gusto e visitare a tappe forzate Panama, Costa Rica, Guatemala, Honduras, Messico… Da lì la decisione di studiare sei mesi l’anno e dedicare gli altri sei ai viaggi. Non v’è angolo del mondo, praticamente, che non abbia visitato.

UNA PASSIONE che portò l’allora giovanissima figlia (anch’ella un po’ indignata) a lamentarsi perché la mamma si occupava solo dei «bambini poveri». Figlia che pare avesse aggiunto: «Certo che, se questi bambini poveri che hanno fame si aspettano che la mia mamma prepari loro la pasta ci resteranno male…». Viaggi ovunque negli orrori del mondo. Come quando, con le lacrime agli occhi, di ritorno da Kosovo, raccontò: «Ce ne andammo, tornammo con aiuti, tende, vestiti, cose da mangiare. Venne una donna. Mi guardò e mi regalò una mela». Viaggi che, peraltro, non hanno mancato di suscitare polemiche. Come quando fu accusata di aver scroccato un passaggio sull’aereo della presidenza del Consiglio per andare, compagno e staff al seguito, al funerale di Nelson Mandela, eroe dell’anti-apartheid. Lei replicò (indignatissima) che nulla era vero e bollò l’attacco come «arretratezza sessista». Della serie: fossi stata sposata nessuno mi avrebbe messo sul banco degli imputati. Un banco utilizzato spesso dai grillini. Che la detestano. E che, con la consueta eleganza, costruirono un fotomontaggio con la scritta «che fareste con la Boldrini in auto?». Lasciamo perdere che cosa risposero i fan dell’ex comico, è meglio. Lei s’indignò. Giustamente.