L’eterno duello

DUELLO ANTICO, battaglia soda. Fioretti sguainati. Colpi sotto la cintura. Eccoli lì, Matteo Renzi e Massimo D’Alema, i ‘duellanti’. Sono passate poche ore dalle ultime frasi del premier: «Massimo è arrabbiato con me perché non ha fatto l’Alto Rappresentante all’Unione Europea». Poi, l’affondo: «Io ero anche disponibile. Ma il punto centrale è che per quel […]

DUELLO ANTICO, battaglia soda. Fioretti sguainati. Colpi sotto la cintura. Eccoli lì, Matteo Renzi e Massimo D’Alema, i ‘duellanti’. Sono passate poche ore dalle ultime frasi del premier: «Massimo è arrabbiato con me perché non ha fatto l’Alto Rappresentante all’Unione Europea». Poi, l’affondo: «Io ero anche disponibile. Ma il punto centrale è che per quel ruolo ci voleva una donna e quindi, anche se si fosse tagliato i baffi, se ne sarebbero accorti. Io non credo che si possa fare una battaglia politica per un risentimento personale». Replica a distanza del diretto interessato: «Alle sciocchezze non si risponde. Alle battute, peraltro ripetute, di un giovane così creativo come il presidente del Consiglio non si risponde».

FRASI che danno l’idea del doppio binario dello scontro: politico e personale. Insomma, i due guardano a orizzonti diversi come diverso è il loro «sol dell’avvenire». La cronaca lo dimostra. Quando D’Alema era il candidato numero uno per la poltrona di mister Pesc, poi occupata appunto da Lady Federica Mogherini, i due si parlavano «francamente», esibendo affetto. L’11 aprile 2013, l’ex ministro degli Esteri andò a Firenze (location: Palazzo Vecchio, ore 15) e, per un’ora, parlarono fitto fitto sorseggiando caffè. E poi, ancora: a maggio 2014, D’Alema parlava, scandendo ben bene e alla sua maniera le parole, della «forza innovativa e del dinamismo» di Renzi. Della «speranza che ha portato nella vita politica italiana». Degli sms che, «come due ragazzi», si scambiavano. E dire che, pochi mesi prima, Massimo non aveva mostrato pietà paragonando il rottamatore a «quella pubblicità con Virna Lisi: ‘Con quella bocca può dire quel che vuole’».

Parole non tanto diverse (della serie: la storia è sempre quella) da quelle sibilate al Farnese pochi giorni fa: «Sono un estimatore di Renzi perché riesce a sostenere tutto». Sia chiaro: Renzi non è rimasto silente. Ottobre 2013: «È la prima volta che D’Alema perde un congresso». Settembre 2016: «La nostra riforma non prevede più poteri per me. La prevedeva quella non passata di Berlusconi, quella di D’Alema non passata. La volete? Allora dovete aspettare un’altra Bicamerale D’Alema-Berlusconi che si vogliono tanto bene…». Se quella tra Renzi e D’Alema fosse materia di esame, di sicuro l’insegnamento avrebbe la denominazione di psicopolitica. I due non si sopportano ‘a pelle’ e non si sopportano perché hanno un’idea diversa di partito. No, non è il solito discorso del D’Alema «togliattiano» ed esponente del Novecento contrapposto al leader «2.0». È proprio l’idea stessa di Pd a essere diversa, diversissima.

Rammentate il «partito a vocazione maggioritaria» di veltroniana memoria? Beh, in quel congresso fondativo (Firenze, 2007) la faccia di D’Alema era livida. Di fatto, con l’Italicum, Renzi ripropone lo stesso schema e quindi «Massimo» è ancor più scuro in volto.

Ciò detto, si torna sempre lì, all’uomo con le sue paure e le sue speranze. (Esempio: ricordate l’oggi duro e puro leader del Prc Paolo Ferrero che, II governo Prodi, si scontrò con Fausto Bertinotti intenzionato a far cadere il professore? Beh, Ferrero era ministro. Forse qualche interesse a tenere in piedi il governo ce l’aveva…).

Il massimo fu raggiunto quando Renzi presentò il libro di D’Alema Non solo Euro. Correva il 18 marzo 2014. Il disgelo era nella fase più alta. D’Alema, noto tifoso della «maggica», si presentò con un cadeau prezioso per Renzi, quasi un ultras viola: la maglia «der pupone», al secolo Francesco Totti. D’Alema fu gentilissimo: «Questo non è un dibattito, siamo d’accordo pressoché su tutto».

E RENZI: «Con Massimo il dibattito è sempre stato franco e ho apprezzato che, nel momento in cui qualcuno non mi parlava perché avevo avuto l’ardire di attaccare il mostro sacro D’Alema, lui fu l’unico a parlarmi». Sapore un po’ amaro di cose perdute. Mogherini diventa Lady Pesc (1 novembre 2014), D’Alema viene rottamato e il duello ricomincia. Estenuante. Con punte di cattiveria. Renzi motteggia: «Massimo è una garanzia. Lui è per il No. Io non so quanto questo aiuterà il consenso del Sì, penso non poco». D’Alema puntualizza: «Alle ultime elezioni il Pd ha perduto più di un milione di voti». Chissà, forse vale l’antico adagio che vuole che un politico sia veramente tale se e solo se ha un nemico. E il nemico uno se lo sceglie…

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