VABBÈ, vedremo se davvero Renato Brunetta, «il prof di economia prestato alla politica», sarà epurato. Se i malumori del gruppo azzurro alla Camera (ma anche a Palazzo Madama) avranno la meglio. Lui non si scompone. Anche quando dice di interpretare la linea di Berlusconi e Silvio prende un’altra strada. Anche quando dice che il gruppo è unito e invece fa acqua da tutte le parti. Perché il prof non le manda a dire.
Celebre per le sue sfuriate (una volta Dario Franceschini gli consigliò in diretta televisiva di «pigliarsi una camomilla» e manca poco vien giù tutto), è capace di sostenere sino allo sfinimento le sue posizioni. Per lui stravedeva il leader Psi Bettino Craxi.

Per una caratteristica: la capacità di rendere digeribili argomenti come la riforma tributaria, il costo del lavoro, il rapporto politica-sindacati e via sbadigliando. A Craxi la semplificazione colta piaceva. Certo, il Nostro diventa furibondo se non hai studiato. Non importa se la pensi come lui. I suoi amici (non moltissimi ma sceltissimi) oltre ad apprezzare la sua pasta e fagioli, attribuiscono la pignoleria alle origini.

Classe 1950, è figlio della Venezia popolare. Della Venezia rossa, genuina. Di quella Venezia che per due volte gli ha impedito di diventare primo cittadino. Addirittura, l’ultima volta perse da Giorgio Orsoni amicissimo di preti e Curia (poi finito maluccio). Una vicenda (la sconfitta fu nettissima in quel marzo 2010) che il prof digerì male, essendo mangiapreti e anticlericale doc. E socialista, almeno così sostiene. Un socialista che vede in Gianni De Michelis «un gigante». Un socialista che continua a ritenersi tale anche dentro un partito come Forza Italia. Ammiratore di Giuliano Amato – altro socialista che però è rimasto a sinistra – cui rimprovera di non aver salvato il Psi dalla bufera di Tangentopoli nell’antichissimo 1993. Ammiratore di Massimo D’Alema quando si scontrava con Sergio Cofferati leader della Cgil (chissà se poi, dopo gli insulti del lìder maximo, ha cambiato idea). Pronto all’abbraccio e allo scontro con Marco Pannella, amico di Emma Bonino, stimava assai Fausto Bertinotti. Non sappiamo se, dopo i disastri del subcomandante che ha distrutto la sinistra-sinistra, la pensa ancora così. Capace di sfuriate epiche coi giornalisti, salvo mandare cuoricini via sms se l’intervista è ben fatta.
NOTO per aver definito «fannulloni» i pubblici impiegati, scandì con sicurezza che i poliziotti dovevano stare per la strada ma che troppi erano «panzoni». Indimenticabile quando sostenne che era sulla strada giusta per aggiudicarsi il Nobel per l’Economia. Insomma, uno che non si pone limiti. Sarà perché il padre aveva una bancarella a due passi dalla stazione Santa Lucia. Lì, sui marciapiedi di Cannaregio. Con una casa di 90 metri quadri in cui vivevano in nove. Senza tornelli per entrare. Quei tornelli che voleva mettere nei tribunali contro i «magistrati scansafatiche».