STATO. Messaggio. Crisi. Politica. E molto altro ancora. Sono alcune fra le parole più usate dal presidente Giorgio Napolitano nel discorso d’addio. Corrispondono a concetti precisi. Permettono di cogliere le urgenze del nostro Paese e dell’Europa nonché di prendere coscienza di quanto ancora duro sia il percorso di uscita dalla crisi.

LA CIFRA stilistica del presidente non cambia: asciutta, quasi da Codice civile, ‘pedagogica’ (la si condivida o meno). Non si fa fatica a capire che sì, Napolitano si ritira, sostiene di aver «toccato con mano» il peso dell’età. Ma non molla. Partiamo dalla fine: «Resterò vicino agli sforzi dell’Italia e degli italiani». I 22 minuti del discorso di Napolitano hanno la Costituzione come faro. E proprio la Costituzione viene invocata nell’annunciare le proprie dimissioni. Con un’avvertenza: partiti e Parlamenti «si preparino serenamente» all’elezione del successore. Normalissima riflessione? No, avvertimento preciso alle forze politiche: niente risse. Un leitmotiv che ha caratterizzato i ‘sette anni più due’ del mandato. Critica ai partiti e irritazione palese per le risse. Peraltro, Napolitano sfoggia speranza in più occasioni. Quando parla di un percorso di riforme che va, «senza battute d’arresto, portato a piena conclusione». Quando sottolinea come importante sia l’aver «tenuto in piedi la legislatura apertasi con le elezioni di quasi due anni fa». Quando – e questo è il passaggio decisivo – «si è in sostanza evitato di confermare quell’immagine di un’Italia instabile che tanto ci penalizza».

NAPOLITANO dedica suprema attenzione al problema dei problemi, la crisi, all’economia vista nel dramma della disoccupazione. E in questo passaggio lo sguardo del presidente cambia. Si vede la preoccupazione profonda per il «dilagare della disoccupazione giovanile». Con una puntualizzazione forte riferita alla Ue: è giusto sollecitare «un cambiamento nelle politiche dell’Unione che accordi la priorità a un rilancio solidale delle nostre economie». Anche perché, preoccupazione principe, sennò la politica viene vista solo come «potere e privilegio». Il che non ha da essere né deve essere un «atteggiamento diffuso». Insomma, per tornare a vincere occorre «un recupero di ragionata fiducia». Dove, chiaramente, non può esserci spazio per «il sottosuolo marcio» (cioè alla devastante ‘Mafia Capitale’). Ci sono poi gli omaggi agli ‘umili eroi’: da Fabiola Gianotti del Cern all’astronauta Samantha Cristoforetti al medico Fabrizio in lotta contro l’Ebola a Serena Petriucciolo, l’ufficiale medico che, sulla nave Etna, ha aiutato a partorire una profuga nigeriana. Niente «indifferenza globale», insomma, e un no deciso ai «molteplici volti della schiavitù» nel mondo d’oggi.

INNUMEREVOLI le reazioni. Matteo Renzi e il suo Pd, il presidente di Palazzo Madama e quello di Montecitorio, Pietro Grasso e Laura Boldrini, in piedi ad applaudire, così come i centristi. Bocciatura «su tutta la linea» del leghista Matteo Salvini e del bastian contrario Pippo Civati dell’esigua minoranza dem. Fragore per il silenzio del leader di Forza Italia Silvio Berlusconi (parla invece il capogruppo alla Camera Renato Brunetta: «Ha fallito»). Oltre alla bocciatura (scontatissima) del leader del M5S Beppe Grillo.