Lui, anziano funzionario dell’Impero romano, si guarda il viso, le mani, la pelle. È inesorabile l’avanzare del tempo. Non solo e non tanto fisicamente. La “senectute” fa riaffiorare episodi lontani, dolorosi ed esaltanti insieme. Quel dolore tra le pieghe della memoria con il cuore e la mente che raccolgono sparsi frammenti per ricomporli. Così vive, nell’autunno della vita, il protagonista di questo romanzo particolarissimo (il registro stilistico è diverso dal solito) di Marco Vichi. Lui, che ha bruciato le tappe più importanti della carriera sotto l’imperatore Tiberio, scrive una lettera alla sorella dove racconta la storia di Lena, dell’incontro di lei, donna di malaffare, con Gesù. Attenzione: ‘‘Il console’’ (Guanda) non è un romanzo di “redenzione”.

In realtà, chissà se l’autore l’ha fatto apposta, leggiamo un affresco politico molto attuale. La preoccupazione del console è che il verbo del Cristo si diffonda inarrestabile e che nulla ci sia da fare per contrastarlo. Che, insomma, la Storia abbia deciso di fare come sempre la sua parte sino in fondo.

Un libro da consigliare a chi non vuol capire che i cambiamenti ci saranno sempre. Nell’antica Roma come sulle coste del Mediterraneo…