PLATEA né entusiasta né fredda, il leader del Carroccio ha fatto la sua comparsata dai giovani industriali. E s’è messo persino la giacca con camicia bianca (no, niente cravatta). Una platea che, senza spellarsi le mani, lo ha ascoltato. Un po’ di fastidio («populista», lo ha apostrofato qualcuno), una reazione all’apparenza ferma («orgoglioso di essere tale»), una contrapposizione, nella sostanza, ‘soft’. In realtà, il programma proposto da Salvini non va oltre lo slogan: «Meno tasse, meno vincoli, più infrastrutture migliori, una moneta più giusta». E ancora: «L’Italia non favorisce le imprese, ha una tassazione da quarto mondo e invece si può ripartire ridiscutendo anche tutti i trattati e le direttive europee che ci stanno massacrando». Insomma, nulla di nuovo.

MA CHE SALVINI abbia tentato anche di blandire il pubblico di Santa Margherita Ligure è dimostrato dalle battute su rom e migranti. Dopo aver sparato per mesi a palle infuocate con un’incredibile esposizione mediatica contro invasioni di genere vario, ieri ha detto che per lui questi son problemi secondari. Concetto, se così possiamo chiamarlo, non buttato lì a caso, ma che punta alla (per ora solo sperata) leadership della destra italiana. E che un ponte sia stato gettato – pur tra mille cautele e difficoltà – lo dimostra proprio la giacca. Ricordate Fausto Bertinotti, capo di Rifondazione, quando indossava i caldi e rassicuranti cachemire? In un’intervista disse, un po’ per scherzo un po’ per davvero, che serviva per farsi accettare dal nemico ed «espugnarne, gramscianamente, le casematte». Ecco, probabilmente, cosciente o meno, Salvini ha rinunciato alle amate magliette proprio per questo motivo. Detto ciò, il dialogo con «il padronato» è appena agli inizi. Con stile aggressivo, per carità. Ma niente a che vedere con l’altro Matteo (Renzi) che snobba Confindustria e va da Sergio Marchionne a rimarcare la sua alterità. Vedremo chi ha ragione. E vedremo se il nuovo leghismo farà breccia nei corpi sociali che manovrano le leve dell’economia.