Gestioni

E POI c’è l’ultima scena. Indimenticabile. La telecamera inquadra Robert Redford, pallido e impaurito. Che scandisce: «What do we do now?» («e ora?»). Corre l’anno 1972, la pellicola «Il candidato» fa epoca. Narra la storia di Bill McKay, avvocato della California, che si candida al Senato e, pur sfavoritissimo, vince, fra intrighi e veleni di […]

E POI c’è l’ultima scena. Indimenticabile. La telecamera inquadra Robert Redford, pallido e impaurito. Che scandisce: «What do we do now?» («e ora?»). Corre l’anno 1972, la pellicola «Il candidato» fa epoca. Narra la storia di Bill McKay, avvocato della California, che si candida al Senato e, pur sfavoritissimo, vince, fra intrighi e veleni di ogni tipo. Ecco, probabilmente è quella la frase dei vari Boris Johnson o Nigel Farage, alfieri della Brexit, dopo la vittoria. Fuggono perché non sanno gestire la vittoria. No, non è sfoggio d’erudita storia patria pensare a Giuseppe Garibaldi. Che sbaraglia i Borbone nella spedizione dei Mille salvo essere defenestrato a pochi minuti dalla fine del match. L’Eroe se ne va. Caffè, l’amato baccalà e un po’ di fagioli dentro la sua umile sporta.

INSOMMA, come scrive Polibio (non propriamente un cronista parlamentare) «color che sanno vincere sono molto più numerosi di quelli che sanno fare buon uso della loro vittoria». Ecco, qui sta il problema. La capacità di tradurre il verbo in declinazione pratica. Pensate a Silvio Berlusconi. Umilia Achille Occhetto e la sua band nel 1994 e, poco dopo, deve andarsene perché la Lega ordisce il famoso «ribaltone», perché il Carroccio non vuole «i fascisti» (Gianfranco Fini ed ex missini). Perché quella riforma delle pensioni proposta dal Cavaliere non cura gli interessi ‘padani’. E Pier Luigi Bersani? Vuol «smacchiare il giaguaro» nelle elezioni del 2013. Ma l’amato sigaro gli casca dalla bocca. È una «non vittoria» (parole sue), è una sconfitta epocale – fra le peggiori del centrosinistra – perché passa di stretta misura, tenta di formare il governo, si becca pernacchi fragorosi e intensi dai grillini e si dimette da segretario del Pd. Per non dire della speranza della sinistra-sinistra europea, Alexìs Tsipras. Vince elezioni su elezioni. «Non ci piegheremo». Risuona, nel perfetto stile della greca tragedia, il potente «Oxi!» (No!). Poi, sottoposto a quello che il Guardian definisce «waterboarding» – la tortura dell’acqua inventata da alcuni cowboy della Cia per convincere i riottosi a parlare – prende il machete e fa quel che gli ordina l’Europa dura e pura: un massacro sociale. Ma sì, dai: «A vincere senza pericolo, si trionfa senza gloria» (Pierre Corneille, drammaturgo). E soprattutto, non si sa che pesci prendere (voce di popolo eccetera eccetera).

berlusconi Bersani brexit cia corneille fini giaguaro guardian polibio Roma tsipras