ORA CHE AL SENATO la revisione della Carta costituzionale prosegue spedita, ragioniamo sine ira ac studio. Su un punto: i franchi tiratori. Sono biechi traditori? Attenti a letture affrettate. «Franco tiratore» è termine che ha una sua storia (e ‘franco’ può voler dire anche ‘libero’). Una storia di difesa della Patria o delle proprie ragioni. Il nome deriva dal francese ‘franc-tireur’. Che la Treccani definisce così: «Guerrigliero che opera, per lo più isolato o in piccoli gruppi, contro le forze regolari, soprattutto nei centri abitati che il nemico cerca di occupare o sta evacuando». Non casualmente i franchi tiratori agirono (con rara efficacia) nella Francia del 1792, del 1815, del 1870 e, con la Resistenza, nel 1944. Ogni qualvolta c’era da difendere il ‘sacro suolo’ entravano in azione. Corpi speciali, specialissimi come quelli che, nel 1870, agli sgoccioli della guerra franco-prussiana, Giuseppe Garibaldi, chiamato a difendere la ‘sorella’ transalpina, mise in campo (e fu l’unico, per inciso, che non le prese di santa ragione dai prussiani). Franchi tiratori furono anche i partigiani parigini. Tra questi militava il mitico Ilio Barontini, livornese, liberatore di Bologna nella gloriosa battaglia di Porta Lame.

DURANTE la Prima guerra mondiale anche i tedeschi combatterono coi loro ‘Freikorps’ e il ‘Che’, nel 1957, mise in campo la figura de ‘El Francotirador’. Poi, il cambio di significato (pur sempre di ‘difesa’ si tratta…). Ancora la Treccani: «Rappresentante di un partito o di uno schieramento che, in votazioni segrete di organi collegiali, vota in modo diverso da quello concordato o ufficialmente deciso dal proprio partito o schieramento». Difensori più prosaici, diciamo. Difensori che nascono, di fatto, nell’Italia del dopoguerra e che vedono nei democristiani i campioni indiscussi. Nel franco tiratore parlamentare, scriveva Gino Pallotta, «c’è riflessa l’immagine del cecchino: che, nascosto, tira all’improvviso».
Loro si difendono dicendo che la Costituzione parla chiaro: nessun vincolo di mandato. Si risponde alla nazione, non agli elettori. I capipartito e i capigruppo ribattono: no caruccio, sei stato eletto dal partito e ne devi seguire le direttive. Nel caso dei lavori parlamentari il significato è meno militare, ma non meno guerresco. Il franco tiratore può mettere a rischio riforme e partiti. Per non parlare di leadership. La più celebre caduta è quella di Pier Luigi Bersani, ex leader del Pd che, di fatto, chiuse la sua carriera ad alti livelli dopo la figuraccia su Prodi. Era il 19 aprile 2013. Il Professore, in corsa per il Quirinale, fu impallinato senza pietà dai franchi tiratori del Pd: prese solo 395 voti, 101 in meno. E dire che, poco prima, al cinema Capranica la sua investitura era stata salutata con entusiasmo esplosivo. Nulla di nuovo sotto il sole, direte. Agguati celebri subirono Cesare Merzagora, Arnaldo Forlani, Amintore Fanfani. E Giovanni Leone: pugnalato nel 1964, andò sul Colle più alto nel 1971. Ma che faticaccia: gli ci vollero 23 scrutini…