«ABBIAMO un obbligo morale: chiedere alla Germania i danni di guerra». Alexis Tsipras non dice una novità. La ribadisce. E allora, al netto di ogni retorica, sarà bene fissare alcuni paletti storici.

Tutto nasce nell’agosto 1953, l’agosto del «London debt agreement». Quando i debiti di guerra della Germania furono stimati in 23 miliardi di dollari. Quando la Germania ebbe uno sconto del 50 per cento. Quando fu concesso ai tedeschi di rimborsare solo 11,5 miliardi di dollari in trent’anni. Dopo le devastazioni della Seconda guerra mondiale, un accordo vantaggioso, non c’è che dire.

Sia chiaro: non si trattava di un favore gratuito. C’erano diversi prezzi politici da pagare. Uno su tutti: l’adesione senza se e senza ma della Germania Ovest all’atlantismo (e infatti l’entrata nella Nato è del 1955) e un preciso calcolo geostrategico: nessuna umiliazione per i tedeschi com’era avvenuto a Versailles nel 1919 con conseguente avvento del mostro nazista nel ’33.

L’accordo londinese fu sottoscritto da tutti. Sì, anche dalla Grecia. In teoria, il restante 50 per cento avrebbe dovuto essere restituito con l’unificazione. Ma, nel 1990, Helmut Kohl convinse, tra le proteste di Atene, a non rinegoziare l’accordo pena un drammatico default tedesco. Proteste di Atene non nuove. I due Paesi si erano presi a male parole anche negli anni passati. Con Bonn che aveva sempre ribadito: «Vi abbiamo dato 116 milioni di marchi nel 1960». Replica lapidaria: «Macché, era solo un acconto!».

Sia come sia i quattro anni di occupazione tedesca (dal 1941 al 1945), secondo alcuni, avrebbe prodotto un debito di 162 milioni di euro. Troppi? Chissà. Anche perché non è una stima esclusiva di quei comunistacci di Syriza, ma anche dei neonazisti di Alba Dorata…

E poi, a dirla tutta (leadership ellenica ancora nelle mani di Antonis Samaras), c’è stato anche uno studio di una commissione creata ad hoc. Risultato: 90 fittissime pagine dove si elencano i danni alle infrastrutture, i furti di reperti archeologici, i prestiti forzosi.

Capirete, quindi, che la questione non è tecnicamente agevole da risolvere. Ma altrettanto di sicuro ha una formidabile eco mediatica. Si sa che la politica vive di simbologie complesse. Si sa che questa austerity sta esacerbando gli animi di molti, specie nel Mediterraneo.

Altresì si sa che l’occupazione tedesca in Grecia non fu delle più morbide. E, per capirla, la legge è sempre quella, un romanzo aiuta assai più di cento saggi di storia. Come nel caso di ‘Appartamento ad Atene’ dell’immortale scrittore statunitense Glenway Wescott (pubblicato in Italia da Adelphi). In quel bellissimo e straziante romanzo si narra di un appartamento ateniese requisito per ospitare il capitano Kalter, sadico ufficiale tedesco che ne fa vedere di tutti i colori a una tranquilla famiglia della media borghesia greca. Angosciante metafora di quel che successe in quegli anni lontani. Leggere per credere. Se non avete paura…