«NESSUNO di noi è stato eletto per fare alcune delle cosiddette riforme che il governo ha portato avanti finora».
Alfredo D’Attorre, voi della minoranza siete sempre sul piede di guerra…
«Le dirò: fino alle Europee Renzi ha fatto cose positive: gli 80 euro, l’aumento della tassazione sulle rendite finanziarie, il tetto agli stipendi dei manager pubblici. Dopo, ha perso la strada maestra. Sulla scuola. Su Costituzione e legge elettorale. Sul fisco. Per non parlare del lavoro».
Un disastro, insomma.
«L’espressione è sua. Io dico che non può essere che il Pd attui una parte del programma che Forza Italia non era riuscita a imporre negli anni scorsi. Toccava a noi demolire l’articolo 18? O dare al preside il potere di scegliersi i docenti? Senza mai riconoscere il valore del confronto con le parti sociali. E poi c’è un piccolo particolare…».
Pendiamo dalle sue labbra.
«Queste cosiddette riforme sono state fatte in contrasto con il programma sul quale siamo stati eletti e senza che questo governo sia nato da una legittimazione popolare diretta».
E allora perché non se ne va?
«Legittimo chiedere, legittimo ribadire che io lotto nel mio partito per evitare uno snaturamento definitivo. Non voglio diventare militante di un soggetto di centro che guarda a destra più volentieri che a sinistra. Mi batto per riaprire la prospettiva di un centrosinistra di governo».
Vabbè, ma fino a quando?
«Finché sarà possibile. Vediamo intanto che cosa succede in autunno».
Non ci dica anche lei che sarà un autunno caldo…
«A livello parlamentare, sicuramente sì. Il punto è che il cosiddetto Partito della nazione è perdente anche sul piano elettorale. A destra rischia di imbarcare ceto politico più che elettori e a sinistra rischia di aprire una voragine ancora più grande di quella delle ultime amministrative».
Beh, non è che il Pse prono alla Merkel sia messo meglio…
«Infatti. Il Pse appare ormai un organismo privo di vita. Dobbiamo ricostruire il centrosinistra in Italia riaffermando un legittimo interesse nazionale e riconoscendo che l’attuale assetto dell’euro è il principale nemico dell’Europa».
Perché uno di sinistra dovrebbe iscriversi al Pd?
«Per sconfiggere una deriva neo-centrista e per aprire il cantiere di un nuovo centrosinistra».
Il compagno Fassina se n’è andato.
«Se teniamo fermo l’obiettivo di un nuovo centrosinistra che ridefinisca il rapporto con l’Europa sono convinto che le nostre strade si incroceranno presto.».
E al Senato?
«Bisogna dare un’anima al nuovo Senato. Tanto più dopo l’approvazione dell’Italicum».