Complotteria

AI LATI della strada che porta al Colle c’è molta vegetazione. Con piante dai frutti avvelenati. Guai anche solo a toccarle. Ne sa qualcosa Pier Carlo Padoan, ministro dell’Economia tirato in ballo per ‘l’affaire 3 per cento’ (quasi un titolo da Conan Doyle per Sherlock Holmes) e, pare, anche Maria Elena Boschi, responsabile del dicastero […]

AI LATI della strada che porta al Colle c’è molta vegetazione. Con piante dai frutti avvelenati. Guai anche solo a toccarle. Ne sa qualcosa Pier Carlo Padoan, ministro dell’Economia tirato in ballo per ‘l’affaire 3 per cento’ (quasi un titolo da Conan Doyle per Sherlock Holmes) e, pare, anche Maria Elena Boschi, responsabile del dicastero delle riforme e strettissima collaboratrice del premier. Qualcuno avrebbe rovistato in casa sua. Alla ricerca di che? Per lanciare quale messaggio?

LA STORIA dell’Italia repubblicana è piena di dossier, maldicenze, veleni e sospetti sin dalla nascita. Prima vittima fu Enrico De Nicola. Capo provvisorio dello Stato nel 1946, dopo la (contestata) vittoria nel referendum della Repubblica sulla Monarchia, due anni dopo non fu, come dire, confermato. Vuoi per ragioni politiche, vuoi per voci messe in giro da quelle ‘manine misteriose’ da sempre protagoniste delle storie di casa nostra. A parte il fatto che era di fede monarchica – un dettaglio – si disse che ogni venerdì 17 si chiudesse in casa a doppia mandata, cacciando via chiunque volesse incontrarlo. C’è chi tirò fuori un episodio del 1922, quando presiedeva Montecitorio: gli si imputava di aver scientemente storpiato i nomi di parlamentari ‘porta-jella’. Oppure quella sua idiosincrasia – peraltro confermata da diversi presidenti – a vivere al Quirinale, laddove erano morti così tanti papi e dove era naufragata miseramente la monarchia sabauda.

Per non parlare dello scandalo degli scandali: l’essere single (ricordiamoci: erano gli anni Quaranta…) e avere una storia d’amore con una signora con cui si incontrava in Svizzera. Maldicenze, certo.

Chissà, forse il Nostro credeva che la maledizione dell’ultimo Papa Re, Pio IX, sul palazzo del Quirinale avesse una sua forza. Maledizione lanciata dopo che i bersaglieri avevano liberato Roma il 20 settembre 1870 dal giogo papalino. Costringendo Sua Santità a rifugiarsi in quello che adesso è lo Stato Vaticano perdendo potere temporale, annessi e connessi.

SULLA FORZA vaticana pare ci abbia politicamente rimesso le penne anche Amintore Fanfani, statista dc di chiara fama col viziaccio di credere poco a Oltretevere.

Nel 1964 sembra che la segreteria di Stato lo avesse gentilmente invitato a desistere in nome dell’unità dei cattolici. Lui rispose, da buon aretino, che avrebbe fatto un po’ come gli garbava meglio – forse l’espressione fu più colorita ma vai a sapere. Con conseguente bocciatura. Bocciatura che ebbero in sorte, nel 1962, anche Giuseppe Saragat, leader socialdemocratico, e Cesare Merzagora. Un appunto del controspionaggio, l’allora Sifar, datato 14 maggio 1961, cioè alla vigilia della scadenza del mandato di Giovanni Gronchi, informava che papa «Giovanni XXIII preferisce in Quirinale un anticlericale cattolico come Saragat a un cattolico come Merzagora». Venuto a conoscenza della cosa, Saragat entrò nel panico temendo la fuga dei voti comunisti. E azzardò: «Ho fatto la comunione, ma cinquant’anni fa, e da allora non la faccio più». Mossa errata. Saragat, per la cronaca, si rifece nel 1964 e fu eletto presidente.

I VELENI su Giovanni Leone sono arcinoti, ma uscirono durante il mandato presidenziale. Diversi, invece, e ancor più drammatici, i successivi. Ad esempio, Bettino Craxi: parte della Dc e il Pds, è il 1991, non lo avrebbero visto male al Quirinale. L’anno dopo, il 13 maggio, si scatena la bufera di Tangentopoli. Giulio Andreotti è tra i papabili, ma la mafia uccide il suo chiacchierato luogotenente in Sicilia Salvo Lima.

E che dire dell’altro notabile dc, Arnaldo Forlani? Il 16 maggio 1992 non raggiunge il quorum per soli 39 voti. I ‘pugnalatori’ sono 77. Il 23 maggio ecco la strage di Capaci dove muoiono Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta. Risultato: elezione a tempo di record di Oscar Luigi Scalfaro.

Poi, guarda il caso, se si affaccia sulla scena Romano Prodi rispuntano la seduta spiritica del 2 aprile 1978 ai tempi del sequestro Moro (dove uscì il nome «Gradoli»), la storia del professore agente del Kgb nel 2006 – ancora la gente ride – e, dopo il 2008, la frequentazione della Cina per chissà quali arcani motivi: in realtà insegnava all’università e teneva conferenze.

A questo gioco non sfugge nemmeno Giuliano Amato. Cui si imputano 30mila euro mensili di pensione (smentita sempre istantanea e con tanto di controprove) e il fatto di essere stato prima craxianissimo e poi dialogante come pochi con i ‘veri giustizieri’ di Bettino: gli ex ragazzi di Berlinguer.