Cene dalemiane

«OGGI sparerà a zero contro Renzi. E così lo aiuterà a rinascere». Cattiveria di un ex fedelissimo di Massimo D’Alema, certo. Eppure, l’impressione che il presidente di ItalianiEuropei torni a far politica per davvero non è poi così peregrina. Del resto, anche se chi vi ha partecipato assicura che di politica s’è parlato pochissimo, come […]

«OGGI sparerà a zero contro Renzi. E così lo aiuterà a rinascere». Cattiveria di un ex fedelissimo di Massimo D’Alema, certo. Eppure, l’impressione che il presidente di ItalianiEuropei torni a far politica per davvero non è poi così peregrina. Del resto, anche se chi vi ha partecipato assicura che di politica s’è parlato pochissimo, come interpretare la cena di sostegno alla sua fondazione in Palazzo Rospigliosi a Roma? Intendiamoci: non roba da Quarto Stato di Pellizza da Volpedo o canti sulla falsariga del «noi siam la canaglia pezzente/ che vive che suda e lavora/ finiam di soffrire che è l’ora». No, quello no. Però, si sa, far politica costa e oggi di denaro in giro ce n’è poco. Ecco perché partecipare alla cena costava mille euro (minimo). «Io non ci sono andato – ride divertito un giovane dalemiano doc fiorentino –, ma voglio fare qualcosa di simile anche qui. A 100 euro. E in una casa del popolo…».

Si sono recati in quella che antichi cronisti chiamavano «la splendida cornice» banchieri come Alessandro Profumo e Cesare Geronzi, i parlamentari Pier Luigi Bersani, Nico Stumpo, Roberto Speranza, Daniele Marantelli, Andrea Manciulli, Luca Sani, Gianfranco Librandi di Scelta civica e i ministri Pier Carlo Padoan e Andrea Orlando. E molti altri. In tutto 160 persone. Con un menù curato nientepopodimeno che da Gianfranco Vissani e Fulvio Pierangelini, chef abituati a giocare nella massima serie, mica chiacchiere, e con la partecipazione di numerosi produttori che hanno fornito le loro leccornie.

Assicurano che tutti si siano buttati con commosso entusiasmo sulla coratella di agnello e che abbiano riscosso un successo enorme i ravioli mortadella e crema di pistacchio dolce (tocco d’artista di Pierangelini) nonché il risotto con zucchine crude e prosciutto cotto di Vissani («il bello – afferma una signora che si definisce ‘dalemiana da sempre e per sempre’ – è che, pensa un po’, l’ha cucinato all’ultimo momento»). E poi, tanto per capirsi, c’era una ricotta «emozionante», un pecorino di Filiano «luccicante», quei deliziosi pomodorini del piennolo vesuviano e un «fantastico» melone mantovano. Per non parlare dell’abbacchio romano o del raffinato stracchino di San Michele (quello vicino a Bassano del Grappa).

Al di là di tutto, comunque, primattore è stato lui, D’Alema. Scherzosamente sarcastico – «capisco che il giornalismo ha un rapporto difficile col pensiero» la chicca migliore –, molto ospitale. A inizio serata ha ringraziato i presenti alzando in alto i calici. Inutile sottolineare che il vino era il suo, della cantina «La Madelaine», un Merlot inarrivabile, assicura chi se ne intende. «Un vino rotondo», pare abbia sottolineato lo stesso lìder Maximo. E se qualcuno ha cercato di farlo arrabbiare, lui ha candidamente risposto, con sorriso scintillante, che saranno pubblicati i nomi degli intervenuti e le quote pagate. Perché ha ribadito che la Fondazione ItalianiEuropei «produce cultura anche se pronunciare questa parola in questo Paese è quasi eversivo».

POI, si è seduto al tavolo con accanto la moglie Linda (insigne archivista), Padoan e Geronzi, mentre Bersani sedeva al desco accanto. Un D’Alema in relax, dunque. Pronto a sferrare un attacco feroce al premier. Magari sulla scuola dove, avrebbe detto, il Pd aveva come principali alleati docenti e personale amministrativo e che, con questa riforma, «abbiamo fatto fuggire dalle urne».

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