GENEROSO. Lo fa per noi. Poche frasi, non ha tempo da perdere: «La mia è una candidatura provocatoria». «Io per primo provo disagio per la mia terza candidatura». Un calice amaro da bere, insomma: «Avrei voluto farne a meno… altro che ansia di potere e volontà di conservare il posto di presidente». Ci mancherebbe.
In fondo, Gian Mario Spacca è governatore delle Marche solo da due legislature. E gli antichi modi di dire sono sempre validi: «Non c’è due senza tre». Il particolare, però, sta nel fatto che prima rappresentava il Pd (lui, classe 1953, allievo di Aldo Moro alla Sapienza di Roma) ora, invece, si presenterà con una lista, «Marche 2020», appoggiata da Forza Italia e Ap (cioè Udc e Ncd). Sul suo sito – «Le Marche forti» – spiega perché: «Pd immobile, con FI più futuro centrosinistra non esiste più, riallacciare spirito impresa». Avvertenza: s’è dimenticato una virgola tra ‘futuro’ e ‘centrosinistra’, ma è un dettaglio, anche perché, quel che conta è l’originalità del suo pensiero: «Destra e sinistra? Categorie astratte».

NON CHIAMATELO «trasformismo», però. Cambiare idea è lecito. Di più: è da sempre una delle costanti del nostro teatro politico. Basta incamminarsi, tanto per declinare un esempio di rara efficacia, verso la Puglia. Uno dei candidati è il celebre ex magistrato Michele Emiliano. Nonostante il segretario del Pd Matteo Renzi sia stato chiaro (evitate alleanze con liste civiche), lui ha deciso di accettare un aiutino dal sindaco di Bisceglie Francesco Carlo Spina. La sua lista appoggerà Emiliano (che oltre che ex magistrato è anche un ex dalemiano). Le sue prime parole sono limpidissime: «Coerentemente con la mia storica appartenenza all’Udc sosterrò Emiliano».
Nelle elezioni del 2013 prese il 61,34 per cento, mica noccioline, appoggiato da una marea di liste civiche contro un avversario, appoggiato da una marea di liste civiche, che arrivò a stento al 38. La cosa non è stata presa bene dal Pd, ma Emiliano non ha battuto ciglio.
Del resto, l’importante in politica, lo sanno tutti, non è partecipare. Bisogna vincere. E vinceremo. Se Spacca, in fondo, ci propone un modello di alternanza (vinco due volte col centrosinistra e una col centrodestra), in Puglia Emiliano fa prove di Grande Coalizione. Pensate che, accanto ai centristi, c’è addirittura un «Partito comunista» (non chiedete al cronista di quale corrente perché lo mettereste in difficoltà).
Fin qui il quadro (assai sommario) delineato non ha tenuto conto che non si vota solo in sette regioni, ma anche in 1.065 comuni. Uno di questi è Agrigento. Se avete un analgesico, tenetelo a portata di mano. Dunque: Forza Italia candida a primo cittadino Silvio Alessi, presidente dell’Akragas, mitica squadra di calcio locale, che ha vinto le primarie del Pd (Alessi, non l’Akragas). Il Pd converge i suoi voti su Calogero Firetto, Udc. Il quale era stato corteggiato anche dagli azzurri.

NON È CHIARO? Beh, arrangiatevi e sappiate che Firetto, nel 2011, vinse a Porto Empedocle, paese di Andrea Camilleri, con una lista composta da Pd, Fli (i finiani ndr), Mpa, Forza Sud. E totalizzò il 93,91 per cento. Benedetto anche dal padre del commissario Montalbano. Alla faccia di chi dice che politica e letteratura non vanno d’accordo.
Ultim’ora. «A Enna il mio voto andrebbe a Mirello Crisafulli». Parola di Saverio Romano, parlamentare di Forza Italia. Crisafulli è del Pd. Ha vinto le primarie col 74%. È uno dei (pochi) dalemiani rimasti.