E VAI. Marco Pannella (scheda anagrafica: Giacinto Pannella nato a Teramo il 2 maggio 1930) ha compiuto 85 anni. Tante, tantissime definizioni vengono in mente. Troppe. Ma ‘troppo’ è parola fondamentale per scrivere un vocabolario ragionato di questo figlio d’Abruzzo, una vita per la politica e una politica per la vita. Indro Montanelli: «È figlio nostro. Discolo e protervo. Giamburrasca devastante. E dopo aver appiccato il fuoco ai mobili e spicinato (toscanismo: ridurre a pezzetti, ndr) il vasellame, è scappato di casa per correre le sue avventure di prateria. Ma, in caso di pericolo o carestia, lo vedremo tornare portandosi al seguito mandrie di cavalli e bufali selvaggi quali noi non ci sogneremo mai di catturare o domare». La definizione più azzeccata è del Divo Giulio: «Anche quando graffia non provoca rancori», disse Andreotti. Vero. Capace di sfuriate tremende perché in un’intervista hai messo un aggettivo a suo dire inappropriato, salvo chiamarti il giorno dopo per sapere come stai come nulla fosse successo.
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CELEBRE per le battaglie per i diritti civili (una sua definizione ci pare illuminante: «Per il diritto alla vita, per la vita del diritto»), Pannella ha corso in lungo e largo l’Italia e il mondo per il divorzio – senza il suo pressing e quello dei socialisti di sicuro il Pci non si sarebbe mobilitato per far passare, nel referendum del 1974, questo elementare diritto di civiltà –; contro la fame nel mondo; per l’aborto (strappando migliaia e migliaia di donne dalla clandestinità dei ferri da maglie usate dalle mammane); per i diritti degli omosessuali; per l’abolizione della pena di morte; per l’eutanasia. Sempre in nome della nonviolenza, del federalismo, del socialismo liberale, dell’antiproibizionismo.
Con Pannella si sono schierati intellettuali come Jean-Paul Sartre, Eugenio Montale, Leonardo Sciascia… L’intellettuale francese era solito scendere all’Hotel Nazionale a Roma in estate. «Quale città migliore per passare le vacanze?» amava ripetere agli amici parigini. Sempre si vedeva con Pannella. Parlavano ore e ore – la parola non mancava né all’uno né all’altro –, mangiavano e bevevano. C’è da chiedersi che cosa, perché Marco ama moltissimo la pasta burro e parmigiano («se ne magna a cofanate», dice un suo ammiratore romano) accompagnata da Coca Cola o birra. Niente di trascendentale, diciamo. Ma i gusti sono gusti.
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E TRA i suoi gusti c’è quello di vivere pericolosamente. Fumando l’inverosimile, digiunando e non bevendo, dichiarando i suoi malanni (l’ultimo decisamente più grave), rischiando la galera per le battaglie antiproibizioniste, perdendo i diritti civili a seguito delle numerose condanne. Ma la letteratura ci aiuta più di mille saggi di scienza politica. Eugenio Montale: nei periodi più bui arriva Pannella e parla anche per noi. Leonardo Sciascia – la storia tra i due narrata da Valter Vecellio è in tal senso esemplare – lo considera l’unico uomo politico che aveva il «senso del diritto». Lui. Che non manca mai di rivendicare le origini abruzzesi. Lui, cittadino del mondo, fiero anticlericale ammiratore di Papa Francesco, che vede nel garibaldino Felice Cavallotti – il «bardo della democrazia» – l’esempio più fulgido assieme a Ernesto Rossi e Altiero Spinelli. Passando per il Dalai Lama e non dimenticando Mario Pannunzio. O «Il Giorno», per cui, orgogliosamente, ha scritto. Era il ‘secondo corrispondente’ da Parigi, fine anni Cinquanta inizio Sessanta. E, anche allora, il diritto era il suo faro. Mai spento. A volte un po’ troppo accecante.