SOSTENGONO alcuni critici che Fabio Stassi (finalista al Campiello 2013 con Il ballo di Charlot)  abbia scritto un romanzo ancor più bello.

SOSTENGONO che il romanzo parli di una generazione ormai tra i cinquanta e i sessant’anni. Indefinita. Meglio: incerta. E sostengono la storia accenni, tra l’altro, a un gruppo di amici che si credeva immortale e pieno di vita. Mi chiedo: sarà vero? Fatemi leggere queste pagine dell’autore romano (il libro m’è arrvato tre giorni fa) che rivendica a ogni pie’ sospinto origini siciliane (ma le origini – mi chiedo e chiedo all’autore – hanno senso oppure aveva ragione Garibaldi quando diceva “la mia patria è l’umanità”?) e poi vi dirò.

SAPPIATE, pazienti amici miei lettori, che le pagine “stassiane” hanno il titolo Come un respiro interrotto e sono edite dalla Sellerio. In una pubblicità – tempi antichi – si diceva: “Un nome una garanzia”. Chissà se è ancora vero. E chissà se questa storia immersa tra lotta politica, anni di passione politica (no: nessuno, a quei tempi, diceva che “gli zingari rubano i bambini” o che esiste la Padania o indiceva referendum per l’indipendenza del Veneto) ci illumini su quegli anni terribili, lontani eppure così carichi di speranze di cambiamento. Perché, in fondo, la letteratura, come la politica, a che cosa serve se non per anelare a un futuro migliore? Sempre che sia uno strumento. Non uno scopo. O, peggio, un esercizio di stile.

Buona letteratura a tutti