Riflessioni sul voto? Tante. Troppe. Si rischia l’overdose. Di sicuro – e non era difficile prevederlo – il primo sconfitto è il Pd. Hai voglia a predicare modernità e a prendertela con “i gufi”. Ma se abdichi ai principi di progresso e tentenni sull’ondata razzista e xenofoba. Se prendi a modello il fallimentare modello neoliberista. Se trasformi il partito in un comitato elettorale. Se, insomma, cambi pelle, la gente vota l’originale. Meglio: voterebbe. La destra leghista (su Forza Italia stendiamo un velo pietoso) non ha beneficiato del montante populismo europeo e mondiale. A Milano, il leader del Carroccio ha preso poco più di 8mila preferenze (a Milano, non a Marsala). La Lega si è attestata su un 12 e qualcosa. Un po’ poco. Meglio a Bologna (dove però correva con gli azzurri) e Ravenna, ma è evidente che la tattica della provocazione continua non funziona. Resta comunque il fatto che la candidata Borgonzoni può vincere e asfaltare Merola. Intanto, la pur generosa ‘sinistra-sinistra’ (mi riferisco a Martelloni a Bologna, Fassina a Roma, Airaudo a Torino, Rizzo a Milano) non combina granché. Anche se potrebbe risultare decisiva. Il problema è che i democratici stanno riempiendo di insulti chi ha saputo opporsi alla deriva dem e quindi i giochi sono apertissimi (o chiusissimi). L’unico che potrebbe attirare le schiere di chi è veramente di sinistra è probabilmente (e paradossalmente, vista la sua iper-renzianità) Roberto Giachetti a Roma. Il quale ha davvero compiuto un miracolo. Confesso che mai avrei pensato potesse scavalcare Giorgia Meloni, sostenuta dalla notoriamente fortissima destra romana di derivazione missina e dal generone della Capitale. Di Marchini nulla dico. Ha perso, ha perso male, meglio si dedichi ad altro (spiace solo che uno serio come Francesco Storace, uno veramente di destra, che crede nelle sue idee, abbia aderito a quella proposta).

Infine, comunque tornerò sull’argomento, i vincitori. In testa, ovviamente, la Raggi (e De Magistris, ma a Napoli è città particolare) e i grillini. Per la città di Roma una notizia catastrofica. Il problema, però, è capire il motivo di una scelta che, oramai, attraversa tutto il Paese delineando scenari da incubo. Se i pentastellati diventano il primo partito – un partito sostanzialmente di una destra senza tradizioni, aggressiva e rissosa – un motivo ci sarà (oltre i guai combinati da Veltroni, Alemanno e Marino). Il primo: la mancanza di un’adeguata copertura degli spazi dai decotti centrosinistra e centrodestra. Il Pd è il principale responsabile. E il Cavaliere, poche storie, non trasforma più in oro quel che una volta bastava sfiorasse. Fermare l’avanzata dei Cinque Stelle sarà impresa ardua. A meno che i politici e la politica non tornino a essere il supremo strumento di mediazione tra Istituzioni e cittadini. Intanto, aspettiamo il ballottaggio (così finalmente potrò andare a sdraiarmi sotto il magico sole di Sicilia…)