Sveglia alle 3 del mattino. La tensione si taglia a fette, anche se gli occhi sono un po’ assonnati. E’ un po’ come tornare indietro nel tempo. Perdonate l’esagerazione, ma come quando Armstrong (Neil, non Lance) appoggiò il primo piede sulla luna. Non ci sono né Tito Stagno né Ruggero Orlando: ci sono le immagini che arrivano da New Orleans. C’è un ragazzo di 27 anni, con la barbetta per sembrare più grande, che si chiama Marco Belinelli.

E’ il primo italiano (Gallinari lo fece nelle gare delle matricole) all’All Star Game nella gara del tiro da tre.

“Vado per divertirmi”, dice alla vigilia Marco. Ma lì, nell’impianto di New Orleans, che lui conosce bene, per averci giocato due anni, sei nel dorato mondo della Nba. Sei sotto lo sguardo di tutto quel mondo (siamo tanti, per fortuna) che ama i canestri.

Va per divertirsi, Marco. Ma è il più bravo nella selezione Ovest, anzi West, come dicono i professionisti a stelle e strisce. Marco è in finale. I lineamenti del volto non cambiano: la pressione cresce, ma lui è lì per divertirsi.

Ha vinto Marco, perché vuoi che il suo avversario, Beal, faccia 5/5 dall’angolo, alla fine?L’avversario fa 5/5, impatta il punteggio di Belinelli. Ci sarà un’emozione supplementare. Il volto di Marco non cambia: è lo stesso che ha iniziato nella Virtus Bologna, tanti anni fa. Per proseguire poi nella Fortitudo Bologna.

E’ sempre lui, Marco. Quello che vinceva al torneo di San Lazzaro con naturalezza. Scoperto a San Giovanni in Persiceto da Max Milli e fatto crescere da Marco Sanguettoli.

Marco è tranquillo. Vince. La prima volta di un italiano. Lui, Marco, il nostro basket, sono al centro dell’attenzione del mondo dei canestri. Alza il trofeo, Marco, ne vorrebbe un altro a giugno.

Gli riuscisse anche questa impresa (essere il primo italiano a vincere il titolo Nba, dopo essere stato il primo azzurro a giocare i playoff e il primo a superare il turno) sarebbe lui il Prescelto. Con buona pace di LeBron James.

Grazie Marco