Scriviamo avendo negli occhi e nelle orecchie le immagini della quarta gara della finale scudetto tra Rimini e San Marino. Tante emozioni ma, crediamo, anche alcuni aspetti da analizzare e approfondire.
Il primo: poco pubblico. Ma se c’è poco pubblico per una finale scudetto, quando mai pensiamo di riempire i nostri impianti?
Non ci sono proprio strumenti per promuovere meglio il prodotto baseball?
In fondo si gioca in Riviera dove, nel corso degli anni, anche se c’è la crisi, hanno dimostrato di saper catturare l’attenzione della gente, giovane e meno giovane. E quindi se a Rimini non c’è tanta gente sugli spalti una riflessione va fatta anche se, per assurdo, gara-quattro avrebbe potuto decretare il successo dei rivali di San Marino.
Altro aspetto: la partita è finita dopo l’una e mezza. Quattro ore e mezzo di gioco, poco spazio sui giornali, l’indomani, perché a quell’ora tutte, o quasi, le testate, anche quelle locali, sono già in stampa.
Ma i giornali non dovrebbero essere un ulteriore strumento per promuovere il prodotto baseball?
Cominciare alle 21, da questo punto di vista, non è un autogol?
E non andrebbero fatte valutazioni sulla decisione, assunta qualche anno fa, dal volley, per rendere meno lunghe le partite con l’abolizione del cambio palla? Il volley, nonostante questa rivoluzione, non solo ha mantenuto lo zoccolo duro dei suoi tifosi, ma ha saputo crescerne degli altri.
Se il baseball non vuole diventare uno sport di nicchia (anche se i puristi del batti e corri non saranno d’accordo) deve non solo riflettere, ma cambiare qualcosa. Perché una finale con poco pubblico è come…
Scegliete voi l’immagine che preferite. Ma, è chiaro, che l’immagine non potrà essere positiva.