E’ andata bene. Italia qualificata per i quarti di finale degli Europei – non accadeva dal 2003, quando gli azzurri di Charlie Recalcati conquistarono un bronzo che valeva oro (e la qualificazione ai Giochi di Atene, dove arrivò uno straordinario argento)  – nonostante la sconfitta con la Croazia. I criteri di assegnazione dei punti (discutibili prima, altrettanto discutibili ora, nonostante abbiano promosso con anticipo l’Italia) non convincono, ma ci portano avanti. Saremo terzi o quarti a seconda del risultato conseguito con la Spagna. Di più: battendo la Spagna potremmo spingere gli iberici (qualora la Grecia battesse la Croazia) verso una clamorosa eliminazione.

Ma non è il caso di pensare a dispetti o ripicche ma, al contrario, a un gruppo che deve ritrovarsi. E, come aveva detto Mancinelli alla vigilia della competizione, essere continuo.

Se contro la Slovenia siamo stati massacrati a rimbalzo, contro la Croazia non siamo stati continui. Con qualche passettino indietro da parte dei singoli. Melli più timoroso, Gentile stranamente anonimo, Cusin falloso nel momento cruciale (la schiacciata mancata sul -4 e il fallo in attacco nell’azione successiva), Belinelli con pochi punti e pochi tiri nelle mani. A livello della prima fase solo Gigi Datome. Il capitano, seppur bravo, da solo non basta. Per sognare di essere non solo tra le prime otto ma addirittura tra le prime quattro bisogna fare qualcosa di più. Ritrovare una maggiore efficacia e cattiveria in difesa, ritrovare qualche canestro dalla lunga distanza. E’ un’Italia che ha dei limiti (legati anche alle assenze, ma si sapeva) ma che, almeno nelle cinque partite, e forse anche nella sesta, ha mostrato cuore, carattere, determinazione.

Non può averle smarrite improvvisamente. E allora avanti con fiducia: questa Italia può ancora regalarci qualcosa, a patto che morda e corra.