Certe notti, cantava Luciano Ligabue. Certe notti non si possono dimenticare perché ti regalano emozioni, brividi, momenti di gioia. Nel calendario di Bologna, di una Bologna che sembrava non riuscisse più a vincere (e a convincere), ci va di diritto il 30 agosto 2014, data del nono scudetto della storia biancoblù. La Fortitudo travolge Rimini, 4-0, si aggiudica la settima gara, quella che vale lo scudetto.
Basta riavvolgere la pellicole per trovarci a fine gennaio, a Casteldebole, “raduno” della Fortitudo agli ordini di Marco Nanni. Poi, a metà marzo, la presentazione ufficiale alla città, nella sede Ascom, la promessa di Stefano Michelini, il presidente e di Marco Nanni, il manager. “Torneremo in finale”.
Con il concorso del direttore sportivo Cristian Mura e di un gruppo eccezionale, i due sono andati oltre. Dalla finale allo scudetto vero e proprio. Vinto nella maniera più bella possibile, in casa, al Gianni Falchi, in gara-sette, in rimonta, dopo aver rischiato di deragliare in gara-uno quando, a partita praticamente già vinta, la Fortitudo si faceva raggiungere e superare da Rimini.
Se non ci fosse stato un gruppo con dei valori, delle certezze e del talento, sarebbe stato l’inizio della fine. Invece la Fortitudo è stata più forte di tutto e di tutti. Con la forza della semplicità, della programmazione, della progettazione. Con la voglia di andare avanti, nonostante qualche passo falso, perché non basta ideare un progetto. Bisogna crederci fino in fondo. Difenderlo contro tutto e contro tutti. Così è stata la Fortitudo, che ha fatto spallucce quando magari non tutto andava per il verso giusto. Prima l’arrivederci forzato a Nick Pugliese e Fabio Milano, i closer delle ultime stagioni. Poi l’infortunio di Mattia Barbaresi. E Alessandro Vaglio, il miglior giocatore della passata stagione, che si fa male in Nazionale e parte con il freno a mano tirato. L’infortunio, alla fine, di Paolino Ambrosino, i problemi di ambientamento di Nelson Perez, che avrebbe dovuto essere la mazza pesante della Fortitudo. La Fortitudo ha avuto il coraggio di andare avanti. Ha avuto la forza di andare avanti. E, con questo, ha tirato dritto, fino alla scudetto, nonostante alcune curve pericolose.
Non è la squadra più ricca la Fortitudo, però investe con oculatezza. Cerca italiani. Li cerca giovani e di talento. E li fa crescere con i “propri vecchi”. Cerca stranieri che sappiano capire lo spirito Fortitudo. Che sappiano integrarsi. Dando l’esempio, certamente, ma anche che abbiano l’umiltà di capire la città che li ospita, i suoi abitanti, i tifosi Fortitudo.
E’ la ricetta più semplice. Così semplice che non l’applica più nessuno. Per fortuna, però, c’è la Fortitudo a ricordarci tutto questo. A essere un esempio per lo sport di tutta la città
E a essere un motivo di vanto per una Bologna che non vuole arrendersi mai. Perché questa è la grande lezione dello sport. Si può vincere e si può perdere. Ma bisogna sempre rialzarsi. La Fortitudo si è rialzata (in tempo) per regalare una gioia a Bologna. E che gioia