Tra social network e messaggi la mia attenzione è stata catturata dall’idea di un tifoso Fortitudo che ha lanciato una proposta al termine della partita di Coppa dei Campioni di baseball che ha consegnato il trofeo ai Neptunus Rotterdam (una “maledizione” questi olandesi che già avevano impallinato la leggenda Matos nell’ormai lontano 2004 a San Marino). Lo ricordiamo, ai meno attenti, perché siamo una nazione strana. Dopo il secondo posto dell’Italia ai campionati del Mondo di calcio di Mexico ’70 (l’Italia non saliva sul podio dal 1938), Valcareggi, il ct, venne accolto da un fitto lancio di pomodori. Come italiani, storicamente, viviamo bene la cultura della vittoria, non sappiamo affrontare quella della sconfitta. Ma può essere considerata una sconfitta il secondo posto in Coppa dei Campioni (così come per la Coppa del Mondo di calcio?).
Dati alla mano, esulta solo chi vince. Ma alla fine vince uno solo (una squadra, un atleta, un tecnico) e tanti corrono per arrivare fino in fondo.
Essere fermati in finale, crediamo, è tutt’altro che un disonore. A maggior ragione per una Fortitudo che, ancora una volta, ha dato tutto. Ha fatto il massimo. Ha commesso qualche errore, certo, ma gli errori fanno parte della vita. Si possono limitare, ma non si possono cancellare.
Ecco perché mi è piaciuta la proposta di un tifoso. Che ha chiesto a tutti, in rete, di andare al Marconi. Per lanciare pomodori? Macché. Per applaudire la Fortitudo. Per dire grazie al presidente, Stefano Michelini. Per abbracciare il general manager, Christian Mura. Per dare una pacca (affettuosa, sia chiaro) sulla schiena al manager, Marco Nanni. Per offrire un caffè, magari, al capitano, Claudio Liverziani.
Forse un secondo posto non si festeggia. Ma a un gruppo incredibile, che ci rende così orgogliosi di appartenere a Bologna, bisogna dire grazie. Per quello che ha fatto. Perché ci ha provato fino alla fine. Perché comunque giovedì si torna in campo, per sognare lo scudetto. Perché la Fortitudo c’è sempre. Perché anche quando perde lo fa a testa alta, con la convinzione di aver dato tutto. Con la consapevolezza che magari, in quell’occasione, l’avversario è stato semplicemente più forte.
Certo, si può recriminare per gara-due, per un arbitraggio non all’altezza. Ma la cultura dell’alibi e della giustificazione non fa parte della società biancoblù. L’obiettivo stagionale resta la conquista dello scudetto. Ecco perché l’applauso del tifoso, in rete, è il modo migliore per iniziare questa seconda fase. Perché questa Fortitudo, che talvolta ci esalta, talvolta ci fa soffrire (ma come dice il presidente Michelini, più soffri, più apprezzi i momenti di gioia) merita di essere seguita. Sempre. Con trasporto e affetto. Perché la Fortitudo Baseball è una grande famiglia di brave persone. Che non si arrendono mai.