Fortitudo, febbre mondiale. Ma il campionato?

Ci siamo. E’ uno dei momenti più alti per il baseball italiano e anche per la Fortitudo Baseball di Stefano Michelini. Suggestivo che tutto questo accada nel sessantesimo anno di vita di una società che ha saputo rinnovarsi e vivere un terzo millennio da protagonista. La Fortitudo è partita per Taiwan dove, quale detentrice della […]

Ci siamo. E’ uno dei momenti più alti per il baseball italiano e anche per la Fortitudo Baseball di Stefano Michelini. Suggestivo che tutto questo accada nel sessantesimo anno di vita di una società che ha saputo rinnovarsi e vivere un terzo millennio da protagonista. La Fortitudo è partita per Taiwan dove, quale detentrice della Coppa dei Campioni di baseball, prenderà parte alle Asia Series.

Adrenalina pura per i giovani e per i “vecchi” volponi della Fortitudo. Adrenalina anche per il manager, Marco Nanni. E la ghiotta occasione per capire chi, tra gli stranieri ingaggiati in corsa, potrà essere utile per la Fortitudo 2014. A occhio e croce l’Aquila potrebbe strizzare l’occhiolino a Blevins e Ziegler, sperando che, magari, tanto Burkard quanto Moss possano essere le grandi sorprese di questa avventura asiatica. Difficile invece che Alvarado possa essere qui, tra un anno. Troppo impegnato, ancora, ad altissimo livello.

Si comincerà venerdì: alla Fortitudo spetta l’opening game con i Samsung Lions. Poi, il giorno dopo, altro match. Gare da gustare fino alla fine. Gare da brividi.

E brividi, ma di tutt’altro genere, vengono dal campionato italiano. Possibile che a metà novembre non ci siano ancora certezze sul futuro? Le certezze e la continuità sono alla base di una disciplina che intenda aumentare il numero dei tifosi e appassionati. L’incertezza e i dubbi, invece, non giovano a nessuno. E se è vero, come accade in tutti gli altri sport, che la crisi sta mettendo in difficoltà tutti, è innegabile che solo con coraggio e guardando lontano si possa costruire qualcosa di importante.

Servono progetti e idee: ma anche il coraggio di portarli avanti. Le scelte che accontentano tutti, di fatto scontentano il mondo del baseball. Dieci squadre o dodici? Due partite o tre?  Soluzioni ibride – due gironi da sei, prima fase a due e seconda a tre – sembrano, crediamo, un autogol. Perché i tifosi e gli appassionati hanno bisogno di certezze e di idoli ai quali affezionarsi. Se non li facciamo vedere o non li facciamo giocare con continuità è improbabile che il numero degli appassionati possa crescere.