Era successo tre anni fa con Lele Frignani, dodici mesi dopo era toccato a Bidi Landuzzi. Oggi è il turno di Fabio Betto: la Fortitudo Baseball, che quest’anno festeggia i suoi primi sessant’anni di storia, perde il terzo capitano nell’arco di tre stagioni. Sembra quasi una maledizione ma, forse, ha ragione da vendere proprio Betto quando, con passione ma altrettanta intelligenza, ci ricorda che è semplicemente la vita.
Smette a quarant’anni, Fabio, per colpa dei regolamenti. Proprio così: la nuova formula del campionato, a dieci squadre (due in più della passata stagione), ma a due partite (una in meno rispetto allo scorso anno) implica un sacrificio. Una partita per il lanciatore straniero e quella per l’italiano?
Una sola partita: per una società che guarda al presente ma anche al futuro, la scelta era obbligata, il giovane Luca Panerati.
Fabio Betto lo sapeva e anzi, in Comune, a palazzo d’Accursio, quando la squadra venne premiata con la Turrita d’Argento, fu il primo a introdurre la questione. “Vorrei continuare – disse durante la nostra chiacchierata informale -, ma se il campionato riduce il numero delle gare settimanali non posso certo chiedere alla Fortitudo di puntare su di me, che ho quarant’anni, sacrificando Luca, che ne ha poco più di venti”.
Si chiama spirito di squadra: qualcosa che ci fa capire di quanto possa valere, come persona e come uomo, Fabio Betto. Che aveva altre offerte per continuare a giocare, ma ha scelto di smettere, perché Bologna è casa sua, la Fortitudo la sua famiglia. E allora scende dal monte di lancio. E si mette a disposizione del coach, della società e degli ormai ex compagni.
Un grande. Mica facile smettere, mica facile uscire da signore. Fabio Betto ha fatto l’uno e l’altro: applausi.
La Fortitudo una scelta l’aveva fatta lo scorso anno, puntando con decisione su Luca Panerati. Poteva tornare sui suoi passi