Il sogno è lì, dietro l’angolo. Marco Belinelli, 28 anni da San Giovanni in Persiceto (Bologna) è in finale. Sì, per la prima volta nella Nba c’è un  italiano in finale. Non uno che abbia giocato nel campionato italiano (come è successo a Wennington, Neal, Bonner, Ginobili, Kukoc, tanto per citare i primi che ci vengono in mente), ma un italiano-italiano. Uno nato qui, cresciuto qui. Diventato grande qui.

Sì, Marco Belinelli è il “cinno”, come si dice a Bologna per indicare un “ragazzino”, del momento. Ha 28 anni, si è fatto crescere la barba per sembrare più vecchio. Ma ha conservato i lineamenti da bambino. Bambino di talento. Con un cuore e un coraggio che fanno provincia. Ha ragione un suo vecchio allenatore, anzi, il suo maestro di sempre, Marco Sanguettoli. “Un altro, dopo i primi due anni Nba, avrebbe mollato. Marco no”.

Già, perché se oggi celebriamo il Belinelli finalista non dobbiamo dimenticare le sofferenze e i sacrifici delle prime due stagioni. Sofferenze perché Marco, pur essendo una prima scelta, non giocava, non trovava spazio. E allora via alle critiche sul fatto che forse la Nba, sempre più allargata, in fondo prenda tutti o quasi. Marco ha tirato dritto, senza alzare la voce, al massimo abbassando la testa. Non in segno di remissione, tutt’altro. Abbassato la testa per lavorare ancora più duro. Tornando in Italia, durante il periodo dello sciopero, per chiedere proprio a Marco Sanguettoli di allenarlo ancora. Per limare i difetti, per esaltarne i punti di forza. Senza alzare la voce, senza le luci della ribalta perché, a livello mediatico, spesso e volentieri, è stato considerato quasi il fratellastro di Bargnani e Gallinari.

Come nella favola di Cenerentola – ovviamente cambiando sesso – Bargnani e Gallinari sembrano essere le due sorellastre (non ce ne vogliano Andrea e Danilo, è solo un piccolo paradosso-provocazione) e Marco invece Cenerentola. Pronto a coronare il suo sogno. Che si chiama titolo Nba. Forza Marco