Alle origini di Belinelli, un motivo più per tifare per lui

Un intervento su facebook dell’ottimo Marco Tabaroni ci ha spinto a fare una piccola ricerca. Tabaroni menzionava un’intervista a Belinelli sedicenne nella quale il Cinno di San Giovanni si immaginava già dall’altra parte dell’Oceano. Più che immaginare, sognava. Trovato l’articolo in questione, datato 10 gennaio 2003, e confezionato all’indomani di una prova (buona) in Eurolega. […]

Un intervento su facebook dell’ottimo Marco Tabaroni ci ha spinto a fare una piccola ricerca. Tabaroni menzionava un’intervista a Belinelli sedicenne nella quale il Cinno di San Giovanni si immaginava già dall’altra parte dell’Oceano. Più che immaginare, sognava. Trovato l’articolo in questione, datato 10 gennaio 2003, e confezionato all’indomani di una prova (buona) in Eurolega. Marco aveva solo 16 anni. Perché ci ha colpito? Per la pulizia delle risposte. Perché sono passati undici anni da quella prima intervista, proprio su il Resto del Carlino (lo confessiamo, ne andiamo particolarmente fieri, anche se per Marco è stata solo la prima di una lunghissima serie), ma l’atteggiamento di Marco non sembra essere cambiato. Stesso approccio pulito, stesse riflessioni del bravo ragazzo che sa di essere fortunato. Perché il talento e per la voglia trasmessi da mamma Iole e papà Daniele. Correre dietro un pallone. Facendolo con impegno. Come in un gioco, ma con il massimo rispetto per tutti e per se stesso.

“La pallacanestro è un gioco, un divertimento”, rispose Marco quando gli chiedemmo della definizione di Marco Sanguettoli secondo la quale lui, il Cinno, aveva il pregio di giocare sempre allo stesso modo. Che ci fossero di mezzo i cadetti o il Partizan Belgrado Marchino si divertiva.

E alla domanda quanto guadagna? Semplicemente disarmante: “Ho 16 anni. Ci sarà tempo anche per guadagnare. Adesso non prendo nulla”. Incalzammo sull’argomento economico: le fa effetto giocare al fianco di giocatori che guadagnano centinaia di migliaia di dollari? “Sinceramente no. Forse un giorno toccherà a me. Sono troppo giovane e il basket, per me, è un gioco”. Rispose candidamente anche alla domanda ad effetto sulla Nba. “Chi non ha mai pensato alla Nba?”. Tifava Lakers e Kobe Bryant, all’epoca. Oggi li ha battuti più volte e stanotte incrocerà la strada di un altro fenomeno, LeBron James. Senza paura, perché per Marco il basket è un gioco. Anche se ora, il suo gioco, meriterebbe un premio. Non tanto economico, perché per Marco  non è mai stata questione di soldi. Quanto per avere il giusto riconoscimento ad anni di sacrifici: l’anello dei grandi.

Appuntamento domenica notte o meglio, lunedì mattina, alle 2, al PalaBocce di San Giovanni in Persiceto. Dopo aver riletto quella lontana intervista datata 10 gennaio 2003 non si può, crediamo, non fare il tifo in modo ancora più coinvolto, per Marco Belinelli. Uno che nel 2003 andava a scuola in bicicletta (“un mio amico ce l’ha su misura, la mia è normalissima”, disse chiudendo la chiacchierata) e che undici anni dopo continua a pedalare, metaforicamente, con l’entusiasmo e la passione di sempre. Forza Cinno di San Giovanni in Persiceto.

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