NON C’È BISOGNO di emigrare nella Silicon Valley per creare una start-up internet apprezzata a livello mondiale: «Si può fare anche in Italia, ma è importante pensare a livello globale». A parlare è Antonio Tomarchio, 29 anni, fondatore e Ceo di Beintoo. Poche settimane fa a Parigi ha ricevuto il prestigioso riconoscimento internazionale LeWeb come più promettente fra le start-up in Rete, battendo i 16 finalisti già selezionati fra 600 partecipanti. «Il nostro prodotto è sviluppato in inglese, e prima di lanciarlo siamo stati cinque mesi in America per trovare partner». Beintoo è una piattaforma che ‘trasforma’ i punti dei videogame, in Rete e su mobile, in premi veri. In pratica: un inserzionista pubblicitario mette in palio i premi, che vengono vinti se si raggiunge un certo punteggio.

«L’IDEA è che gli utenti possano trasformare in vantaggi nel mondo reale il tempo speso giocando. Abbiamo visto un problema: la pubblicità di solito è poco ‘user friendly’, e abbiamo pensato di sviluppare forme di marketing che facciano interagire utenti e investitori» spiega Tomarchio. Una bella idea però non basta: «Vale il 5%, tutto il resto è esecuzione, studio dei dati, lavoro durissimo e a tempo pieno. La start-up non si può fare part-time, è un mito da sfatare: bisogna lanciarsi. E la scelta del team è fondamentale».

POCO SPAZIO all’improvvisazione e alla creatività pura: Tomarchio, dopo una laurea al Politecnico di Milano in matematica, vanta studi in Francia e negli Usa. Beintoo è già la sua seconda start-up di successo: la prima, fondata nel 2008, si occupava sempre di come ottimizzare la pubblicità online; rivenduta un anno dopo, aveva garantito a tutto il team un posto fisso e sicuro. Posto che tutti hanno lasciato per buttarsi nella nuova avventura: «La molla economica non è certo quella dominante, anzi all’inizio ci rimetto. Ma abbiamo voglia di fare, di innovare, di costruire».

Tre fedelissimi sono i soci e compagni di viaggio, fin dall’inizio: Filippo Privitera, cofondatore di Beintoo, Walter Ferrara e William Nespoli. Nella start-up oggi lavorano 10 ragazzi, fra i 22 e i 26 anni, a Milano, e tre collaboratori a San Francisco. «E’ un settore pieno di energie positive — dice il giovane imprenditore — che in Italia cresce del 10% l’anno, nonostante i tanti che se ne vanno all’estero e il disinteresse della classe dirigente». Eppure basterebbe un po’ più di attenzione e sensibilità da parte delle istituzioni: «Alle fiere internazionali di settore vedo tante start-up di Paesi emergenti: finanziarne la partecipazione costa pochissimo, è vergognoso che le italiane non ci siano mai». Dopo il premio LeWeb, l’obiettivo di Beintoo è crescere bene: «Non prevedo di venderla» conclude Tomarchio. Chissà, il prossimo Mark Zuckerberg (il fondatore di Facebook) potrebbe essere proprio lui.