Facebook non è un gioco da ragazzi: in Italia fa girare 2,5 miliardi di euro

Facebook è solo un gioco, una perdita infinita di tempo, un pericolo per i minorenni che vengono adescati, un attacco alla nostra privacy, e chi più ne ha, più ne metta. Sbagliato: sono solo le tante superfici del social network più diffuso al mondo. Il nocciolo, soprattutto in questi tempi di crisi, è un altro: […]

Facebook è solo un gioco, una perdita infinita di tempo, un pericolo per i minorenni che vengono adescati, un attacco alla nostra privacy, e chi più ne ha, più ne metta. Sbagliato: sono solo le tante superfici del social network più diffuso al mondo. Il nocciolo, soprattutto in questi tempi di crisi, è un altro: Facebook è uno straordinario e sottovalutato motore economico, un volano capace di generare, solo in Italia, un giro d’affari da 2,5 miliardi di euro all’anno, di dare lavoro a migliaia di giovani, di creare ricchezza.

Lo certifica uno studio commissionato dalla società di Mark Zuckerberg a Deloitte, una della maggiori di società di consulenza al mondo, sull’impatto economico del social network in Europa. L’indagine è stata condotta ad ampio spettro nei 27 paesi dell’Unione Europea e della Svizzera. Nulla meglio dei numeri spiega che Facebook non è un gioco da ragazzi: in complesso, l’ecosistema Fb ha come risultato un giro d’affari complessivo di 15 miliardi di euro, e sono 230.000 i posti di lavoro, creati direttamente (3.200) o generati nell’indotto: sviluppatori di app, fornitori di tecnologie, addetti al marketing, pubblicità e vendite specializzati per il web e “ottimizzati” per Fb. E’ un fiorire di professioni 2.0 in cui un po’ a sorpresa l’Italia si trova ai vertici.

Bisognerà smettere di considerare come web-fannulloni i 13 milioni di italiani che quasi ogni giorno si collegano a Fb (su un totale di 21 milioni di iscritti, più un italiano su tre). Perderanno anche tempo, ma fanno girare 34.000 posti di lavoro solo nel Belpaese. Posti che sono 36.000 in Germania e 35.000 in Inghilterra, ma questi due stati (dove il reddito creato è 2,6 miliardi di euro, appena superiore al nostro) hanno una popolazione più grande: fatte le debite proporzioni, siamo sul gradino più alto del podio. E siamo primi assoluti come reddito generato dallo sviluppo di tecnologie (800 milioni). Dalle Alpi a Lampedusa, valiamo oro per le aziende: dalla promozione dei marchi, dalla costruzione di «community» di clienti fidelizzati e dalle vendite dirette sul social network arrivano 1,6 miliardi di euro, cifra ben superiore agli 1,37 dell’Inghilterra e 1,1 della Francia. Ecco cosa c’è dietro il nostro «essere social», anche se non ne siamo consapevoli quando carichiamo le foto delle ultime vacanze, perdiamo tempo in chat, giochiamo a costruire mondi virtuali, o discutiamo sui più disparati argomenti con perfetti sconosciuti in gruppi comuni di interesse.

Ce n’è abbastanza per cominciare a ribaltare la percezione secondo cui FB è a un luogo virtuale di perdizione reale. Che non tutto il «social network» venga per nuocere, lo testimonia un’altra indagine: oramai il 90% delle imprese li utilizza come canale di reclutamento per le nuove leve. L’Italia 2.0 è più avanti di quel che sembra.

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