Facebook e il fallimento del melting pot culturale

La polemica sull’oscuramento da parte di Facebook di una pagina con la foto di una madre che allatta al seno, tocca il tasto più dolente del social network: come restare ‘globale’ conciliando le infinite sensibilità culturali, etniche e religiose del nostro pianeta. Missione decisamente fallita, almeno per ora. Le linee guida di Fb comprendono diciassette […]

La polemica sull’oscuramento da parte di Facebook di una pagina con la foto di una madre che allatta al seno, tocca il tasto più dolente del social network: come restare ‘globale’ conciliando le infinite sensibilità culturali, etniche e religiose del nostro pianeta. Missione decisamente fallita, almeno per ora.

Le linee guida di Fb comprendono diciassette pagine di manuale e una scheda con l’elenco dettagliato degli argomenti vietati e delle immagini da censurare: è una vera e propria resa rispetto alla (presunta) egemonia culturale dell’Occidente e rispetto all’idea che su internet possa circolare liberamente di tutto.

Scontata la censura politica: ad esempio in Turchia è vietato parlare del Pkk o pubblicare mappe del Kurdistan e di bandiere turche in fiamme, o attaccare Ataturk. Ma la realpolitik del bilancio vale più della libertà di espressione, e si intuisce facilmente il compromesso: in Paesi dove la censura politica è forte, il social network non vuole rischiare di essere bloccato perdendo utenti e introiti pubblicitari. Decisione contestabile, ma con una sua logica: quella commerciale.

Logica che manca, invece, sul capitolo ‘immagini proibite’: niente capezzoli femminili in mostra (in qualunque contesto, anche l’allattamento), sì a quelli maschili; vietata la rappresentazione ogni tipo di attività sessuale, “anche se parti nude sono coperte dalle mani, da vestiti o oggetti”, mentre si possono mostrare “baci ed effusioni anche tra omosessuali”. Vietato mostrare “persone ubriache” o “persone che vanno in bagno”, e la marijuana “se in un contesto di spaccio”. Però via libera alla pubblicazione di foto di forte contenuto grafico: si possono mostrare quasi tutti i “fluidi corporei”, “le ferite profonde sono ok, il sanguinamento abbondante è ok”, come pure “teste rotte e arti recisi, a meno che non si vedano le interiora”.

E’ da questo guazzabuglio che emerge il fallimento del melting pot culturale su Facebook: fra 850 milioni di utenti in 200 e passa paesi, ci sarà sempre qualcuno che si sentirà urtato da ciò che è permesso (es: ci sono società in cui l’omossessualtà è punita). E qualcun altro che griderà allo scandalo per l’immagine oscurata dell’allattamento al seno. Qui si tratta di stabilire il confine bra bene/male; buono/cattivo; lecito/illecito, morale/immorale: e i miei valori possono non coincidere con quelli degli altri. Missione impossibile, certo, ma in casi come quello dell’allattamento al seno un po’ di buonsenso (occidentale) avrebbe aiutato a evitare una figuraccia planetaria.

censura Facebook seno