Non c’e’ solo la Cina a metter fretta a Washington. Ora piu’ che mai, con una Russia che ha riaperto una fase di confronto duro con l’occidente, la strada del rafforzamento della partneship atlantica e’ importante. E se non sara’ solo militare (Nato), molto meglio. Obama coglie le due diverse minacce, economica (Cina) e strategica (Russia) e risponde con l’integrazione economica (e in parte militare) dei paesi avanzati e non solo: dall’Ue agli Stati Uniti e al Canada fino a Australia, Nuova Zelanda, Messico, Giappone, Corea, Peru, Cile, Singapore, Vietnam, Malesia.
Da parte europea servono calma e gesso. Se trattato avra’ da essere, dovra’ essere un trattato tra uguali. E pesato alla virgola. Il trattato di libero scambio ha grandi potenzialita’ che non vengono certo negate dall’Ue ma ha anche rischi, in particolare laddove il vecchio (ma non superato) continente decidesse di venir meno ad alcune peculiarita’ nella tutela dei consumatori, dei lavoratori, dell’ambiente e a quell’eccezione culturale cara ai francesi che protegge il cinema europeo. Le critiche di molti, specie a sinistra ma non solo, sono forti. Basti leggere Ignacio Ramonet di Le Monde Diplomatique.
Studi condotti in Europa dicono che il beneficio dell’accordo potrebbero raggiungere i 119 miliardi di euro nel 2027, ma il diavolo e’ nei dettagli di ogni accordo e solo un processo trasparente, e un successivo referendum, potrebbe rendere lecito e giusto un accordo di questa portata e di questa delicatezza. Ammesso che possa essere un bene avere lo shale gas americano – a che prezzo e con che compromessi ambientali? – certo non può essere uno scambio indecente con un Ttip che non tuteli le specificità europee. E che in cambio di un aumento dei pil diminuisca le tutele dei cittadini, dei lavoratori e dell’ambiente.
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