Ucraina, la tentazione fatale di Vladimir Putin

Come era intuibile già da giorni, la crisi ucraina scivola lungo un piano inclinato cosparso di grasso. Niente sembra fermarla prima del precipizio. Nonostante autorevoli commentatori sostenessero che un intervento russo era quasi impossibile  a meno di un tentato genocidio dell popolazione russa in Ucraina, un massiccio intervento russo (sebbene operato con discrezione attraverso personale […]

Come era intuibile già da giorni, la crisi ucraina scivola lungo un piano inclinato cosparso di grasso. Niente sembra fermarla prima del precipizio. Nonostante autorevoli commentatori sostenessero che un intervento russo era quasi impossibile  a meno di un tentato genocidio dell popolazione russa in Ucraina, un massiccio intervento russo (sebbene operato con discrezione attraverso personale senza mostrine e bandiere, probabilmente truppe del Gru, in modo da far credere agli ingenui e a chi ha interesse a farlo che si tratti di milizie autorganizzate localmente) è in atto e Mosca ha già il pieno controllo della Crimea, dove le sue truppe sono dispiegate sul territorio e non lo lasceranno fino a che la crisi non sarà conclusa con due esiti.

L’ipotesi minimale è la concessione di una autonomia piena alla regione, con chiusura delle basi  dell’esercito ucraino ma non di quelle russe e creazione di una milizia/polizia militare (sul modello dei Berkut) che risponda esclusivamente a Sinferopol.

L’ipotesi massimale è la secessione con la creazione probabilmente di uno stato formalmente indipendete che risponda a Mosca ed entri nell’unione doganale con la Russia, la Bielorussia e il Kakakistan. O magari, benchè meno probabile, addirttura una annessione alla Russia.

Ma oggi il problema è un altro. Putin si fermerà alla Crimea o punterà al bersaglio grosso, tentando di smembrare l’Ucraina e intervenedo anche nell’Est e nel Sud  _ da Kharkiv a Luhansk, da Donetsk a Melitopol e Odessa _ dove la componente russofona e russofila ha già fato sventolare il tricolore di Mosca sui palazzi del potere? Se la perdita della Crimea può in qualche modo essere accettata come il male minore (specialmente se si tratterà di una autonomia rafforzata che non comporterà uno smembranento del paese) da Kiev, che sebbene controvolia accetterebbe la realtà e verrebbe compensata dall’Ue con l’accordo di adesione e da Usa e Ue con cospicue linee di credito, un ingresso delle truppe russe nel Donbass comporterebbe la guerra con Kiev, con conseguenze disastrose per l’Ucraina (che certo soccomberebbe sebbene infliggendo perdite non irrilevanti all’avversario) ma anche per la Russia: isolamento politico internazionale, restrizioni o anche blocco della vendita dei prodotti petroliferi che sono il cuore della sua economia, occupazione di un territorio ostile oggetto a continue operazioni di guerriglia, perdita di credibilità per decenni, fissazione di un precedente potenzialmente pericoloso per le aree siberiane dove le popolazioni non russe stanno crescendo e la pressione anche demografica della Cina è potente. Quasi il ritorno alla guerra fredda. Una disastro economico. Un errore fatale.

A Putin, conviene? Logicamente, no. La Russia potrebbe proteggere diversamente i sui connazionali in Ucraina (peraltro, sinora non minacciati) e da uno scenario simile non avrebbe che danni. Ma la preoccupazione dello zar di Russia non è solo geopolitica, non c’è solo la necessità di ampliare attravreso l’unione doganale e simili lo “spazio vitale” per la Russia riportandolo all’Unione Sovietica che fu (meno gli stati baltici, la Moldavia, la Georgia, l’Armenia, l’Azerbagian, il Tagikistan e forse l’Uzbekistan). Puntin in questo momento ha la preoccupazione che l’esempio ucraino – le manifestazioni di piazza che chiedono democrazia – possa dilagare anche in Russia, aiutato dall’esempio di successo visto a Kiev e dai fondi e gli incoraggiamenti che i paesi occidentali (Usa e Germania in primis) e non solo (Polonia, Lituania) potrebbero mettere in campo. Questa è la minaccia che lo muove. Putin, come Lukashenko in Bielorussia, non vuole che il virus della democazia si diffonda a casa sua ed è per questo che reagisce in Ucraina andando oltre i suoi stessi interessi a breve e medio termine.

A suo avviso la posta in gioco è il potere a Mosca. Ed è per questo che le sue truppe hanno preso la Crimea e potrebbero andare anche oltre. E’ un errore che gli farebbe terra bruciata attorno in tutto il mondo non russofono, che innescherebbe una dinamica che potrebbe esseregli fatale e per il quale certo morirebbero molti russi e ancor più ucraini e una triste cortina di ferro tornerebbe a sorgere ad Est. Ma il rischio c’è. Fingere che non esista vuol dire illudersi.  E come abbiamo visto nel secolo scorso certe illusioni si pagano care.

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