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Il piano inclinato delle crisi ucraina sembra non aver  ancora toccato il fondo. E per la comunita’ internazionale e’ l’ora delle scelte: contro l’abisso della violenza non bastano le chiacchiere.

Ieri e’ ripresa l’offensiva dell’esercito di Kiev che cerca di riconquistare l’area di Sloviansk, si riprende nove check point causando un imprecisato numero di vittime tra i filorussi e circonda la citta’ soffrendo la perdita di due elicotteri (e il danneggiamento di un terzo) abbattuti con missili spallabili (con ogni probabilita’ in dotazione agli spetsnaz russi che come in Crimea appoggiano i filorussi). E anche oggi l’avanzata continua nella zona di Kramatorsk.

A Odessa intanto, sempre ieri, una manifestazione pro Kiev e’ stata attaccata da filorussi armati di mazze e scudi. Negli scontri sono morti tra 4 e 7 manifestanti (almeno tre filo Kiev) e decine sono stati feriti mentre la polizia mostrava una totale incapacita’ di controllare la piazza. I filorussi hanno conquistato l’edificio dei sindacati dove sono si sono barricati, ma i pro Maidan (probabilmente guidati da elementi di Pravi Sektor, fascisti ucraini, sempre in prima fila negli scontri) hanno lanciato molotov contro il palazzo, per sloggiarli. Bilancio tragico, 31 morti per intossicazione da monossido di carbonio o bruciati vivi, almeno altri 7 filorussi che si sono gettati dalle finestre prima che arrivassero i vigili del fuoco con le autoscale. E molte decine sono i feriti.

E’ ormai una guerra civile. Ovviamente il punto non e’ di chi sia la ragione. Il punto e’ fermare la spirale di violenza. E questo significa che la comunita’ internazionale dovrebbe fare ben altro che decidere sanzioni limitate e selettive. Serve la minaccia di sanzioni dure contro Russia E Ucraina per ottenere un immediato cessate il fuoco, con congelamento delle posizioni dell’esercito ucraino, ritiro dei soldati e operativi del Gru russi infltrati nel Donbass, disarmo delle milizie filorusse e filomaidan (Pravi Sektor e Svoboda in primis), invio di una forza di interposizione internazionale (non Nato, ovviamente, e possibilmente sotto bandiera Onu) nel Donbass e a questo punto anche ad Odessa e organizzazione in quelle regioni di un referendum con tre possibilita’ di scelta: mantenimento dello status quo istituzionale attuale, federalizzazione dell’Ucraina con maggiore autonomia alle regioni russofone, indipendenza. Tutto il resto sono pannicelli caldi che magari ci aleggeriscono la coscienza ma non incidono sulla la realta’.

Chi spinge per il tanto peggio tanto meglio da solo non si fermera’ di certo, e la comunita’ internazionale avra’ sulla coscienza un nuovo carnaio. Non basta deplorare, condannare con forza o fare la faccia feroce con sanzioni che non danneggiano i nostri interessi economici. E’ semplicemente inefficace. Bisogna sporcarsi le mani avendo il coraggio di pagare il prezzo di un politica estera incisiva che tuteli i diritti umani e il diritto di autodeterminazione dei popoli ma anche il diritto di intangibilità’ dei confini e dell’integrita’ territoriale.

Temo fortemente che non sapremo farlo e che la crisi si stabilizzera’ da sola, con il tempo, e dopo che molto sangue sara’ stato versato. Come nel ventesimo secolo, conteranno i puri rapporti di forza, lo status quo sara’ deciso dalla violenza e dalla spregiudicatezza degli attori della crisi, non dalla ragione. Amaramente, e’ questa la realta’ che viviamo. Nel ventunesimo secolo sarebbe lecito attendersi qualcosa di meglio.