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L’est ucraino corre velocemente verso il disastro. Dice il ministro degli Esteri russo Lavrov che la conquista degli edifici pubblici nella regione del Donbass da parte di forze fedeli a Mosca è “frutto dell’esasperaione di cittadini ucraini di lingua russa”.  E’ una barzelletta che non fa ridere nessuno. La massa di manovra e la bassa forza delle occupazioni _ a Donetsk, Lugansk e Slaviansk solo ieri si sono aggiunti edifci a Kaharkiv, Maiupol, Yenakievo, Kramatorsk, Artemovsk, Makiyvka _  è certamente costituita dalla parte più radicale della popolazione russofona delle regioni orientali dell’Ucraina. Minoritarie demograficamente, ma percentualmente significative e molto, molto motiovate. Ma a guidarle nelle occupazioni, esattamente come in Crimea,  ci sono cellule, per ora limitate a poche decine di uomini, presumibilmente di spetsnatz del Gru e operativi dell’Fsb russo.  Mosca quindi non dà solo copertura politica, ma anche sostegno militare ai separatisti. Come era ovvio che fosse, rileggendo i fatti degli ultimi mesi.

Il governo dell’Ucraina da parte sua si mostra ancora una volta totalmente incapace di comprendere la gravità della situazione e si fa colpevolmente sorprendere da una esclation largamente prevedibile e alla quale andava risposto settimane fa schierando preventivamente l’esercito in tutte le città dell’Ucraina orientale. Cosa che non è stata per il malinteso intento di non provocare la Russia. Una scelta che non fa i conti con la volontà del Cremlino di dare una lezione all’Ucraina, che per la Russia è e resta parte della sua “sfera di influenza”.

Ieri c’è stato un primo scontro a fuoco tra separatisti e militari ucraini, lungo la strada tra Sloviansk e Atimosrsk. Un veicolo dei servizi ucraini è stato attaccato da quattro filorussi armati a bordi di una auto. Un capitano dei servizi ucraini _ Gennadi Blitcenko _ è stato ucciso, altri tre ufficiali sono stati feriti. Gli uomini della scorta hanno risposto al fuoco e hanno ucciso tre tre assalitori. Due sarebbero russi. E la goccia ha fatto traboccare il vaso.

Oggi il presidente Turcinov _ fallita la missione del premier Yatseniuk nell’Est _  si è dato una mossa.  “Il Consiglio di Difesa e Sicurezza _ ha detto _ ha preso la decisione di cominciare un’operazione antiterrorismo su larga scala con la partecipazione delle forze armate. Non permetteremo alla Russia di ripetere lo scenario crimeano nell’est del Paese”. Ma se come pare l’operazione fosse affidata a un battaglione della guardia nazionale che sarebbe stato inviato a Slaviansk _ unità neoformata composta da ex attivisti della Maidan e da riservisti _ l’operazione è destinata al fallimento. Contro le truppe speciali di Mosca, sebbene inferiori in numero, non c’è partita.

Ancora una volta da Kiev viene la risposta sbagliata, perchè la Russia non attendeva altro: una scusa. Uno schieramento vedo dell’esercito, poteva avere effetto, l’invio di un battaglione di volontari senza addestramento è l’anticamera di una sconfitta e polticamente è quel che speravano i filorussi. “Se la minaccia dell’uso della forza contro gli abitanti del sud-est spinti alla disperazione dovesse materializzarsi”, ha avvertito il capo della diplomazia di Mosca, “minerebbe la possibilita’ di ulteriore cooperazione sulla questione ucraina” tra la Russia e le potenze occidentali, “compresa la riunione di Ginevra”. E al Cremlino hanno anche allo studio un intervento su larga scala, identico a quello in Crimea.

Non c’è una via d’uscita facile. La comunità internazionale non ha alcuna voglia di decidere sanzioni vere _ lo farebbe solo in caso di conflitto aperto tra Russia e Ucraina _ e le autorità di Kiev non sembrano essere in grado di fronteggiare la crisi. Temo instabilità e nuovi lutti. E ancora una volta l’esito della crisi è in mano a uno solo: Vladimir Putin. Sarà lui a decidere fino dove dovrà spingersi la lezione all’Ucraina. Noi occidentali _ indignandoci sommamente ma approvando solo sanzioni di carta velina e semmai usando strumentalmente la vicenda per ridare un senso alla Nato _ potremo solo stare a guardare. Chi non ha coraggio (e una politica estera comune a livello europeo) non se lo può dare.