Brutte notizie dall’Egitto. Il regime militare del generale e oggi presidente Abdel Fattah Al Sisi – nato da un colpo di stato, seppur supportato da una larga fascia della popolazione – sta avviandosi a far rimpiangere quello di Mubarak. La condanna a sette anni di reclusione per i tre giornalisti dell’emittente satellitare Al Jazira arrestati lo scorso dicembre con l’accusa di favorire il terrorismo e di costituire un pericolo per la sicurezza nazionale e’- per usare le parole di Amnesty International – “una pagina nera per la liberta’ di stampa” e frutto di “un processo che e’ una farsa”.

La sentenza e’ stata emessa dai giudici del tribunale penale del Cairo nei confronti del capo dell’ufficio di corrispondenza del canale in lingua inglese di Al Jazira, Mohamed Fahmy, del produttore televisivo Baher Mohamed e del giornalista australiano Peter Greste. Altri tre imputati, tra i quali tre giornalisti stranieri, sono stati processati in contumacia e condannati a 10 anni.

Sia chiaro, nessuno difende la linea di al Jazeera – che e’ la linea dell’emiro del Quatar- quello che va difeso e’ il diritto alla liberta’ di stampa e di espressione. Se una tv ha una linea sgradita non la si chiude e si incarcerano i suoi giornalisti con accuse inverosimili, la si critica. La si può processare per diffamazione qualora attribuisca a qualcuno responsabilita’ non provate di fatti specifici. Ma non si può reprimerla semplicemente perche’ sgradita. Quanto al pubblico egiziano, se una televisione non piace, basta non guardarla. Punto.

La condanna dei giornalisti accusati di fare disinformazione e’ solo l’ultimo atto di una deriva autoritaria che da portato prima alla repressione e alla messa fuorilegge di un movimento politico – i Fratelli Musulmani – che aveva preso il potere dopo elezioni democratiche (dimostrarsi politicamente inetti, come hanno fatto i Fratelli musulmani, non giustifica un colpo di stato contro di loro e reprimere sanguinosamente le loro proteste di piazza non legittima una accusa di terrorismo se loro cercano di difendersi), alla messa fuorilegge del Movimento 6 aprile (uno dei motori della “primavera”) e poi alla conferma della condanna a morte per i disordini di Minya di 183 esponenti dei Fratelli Musulmani (su 683 condannati a morte in prima istanza) tra i quali la loro guida spirituale Mohamed Badie.

Ogni dissenso viene represso, come dimostra la legge anti manifestazioni che ha appena portato in carcere nove attiviste per i diritti civili.

Impaurito dai Fratelli Musulmani, l’Occidente sceglie quello che crede sia pragmaticamente il meno peggio per i suoi interessi (una pratica costante, in politica estera) e supporta al Sisi. Le promesse fatte durante le primavere arabe scivolano via con pioggia d’aprile e il celebre e illuminato discorso di Obama all’universita’ del Cairo sembra archiviato per sempre. Avevamo scherzato, la realpolitik porta l’Occidente a fianco del regime militare.

Giusto ieri li Stati Uniti hanno confermato che intendono stare a fianco del ‘nuovo’ Egitto del presidente Abdel Fattah al Sisi, scongelando una prima tranche di aiuti da 572 milioni di dollari (420 milioni di euro) e la fornitura, “molto presto”, di dieci elicotteri Apache “per combattere il terrorismo nella penisola del Sinai”. In visita a sorpresa al Cairo, il segretario di Stato, John Kerry, ha assicurato che “gli Stati Uniti saranno al fianco del popolo egiziano nella sua lotta per scegliersi il futuro che vuole” e ha chiesto al presidente di “assicurare le liberta’ di riunione, di parola e di stampa” nel Paese. Sisi, ha sottolineato il capo della diplomazia Usa, “e’ impegnato a rafforzare il rispetto dei diritti umani e ha anche creato un’agenzia indipendente per rivedere le leggi al riguardo e allinearle agli standard internazionali”.

Una barzelletta. Sisi mette fuorilegge i suoi avversari politici, ne condanna a morte un gran numero, vieta le manifestazioni, condanna ad anni di carcere per reati di opinione i giornalisti di una emittente satellitare che e’ schierata contro di lui e l’Occidente si tura il naso e fa buon viso a cattivo gioco. Sono scelte coerenti con il passato, chiaro, ma almeno evitate la retorica e non prendeteci in giro.