Braccio di ferro all’ombra delle piramidi

Dall’inviato Alessandro Farruggia IL CAIRO _ “Noi diciamo: la tigre è fuori dalla gabbia, non tornerà nella gabbia e non puoi cavalcarla. E, quarto, diciamo che la tigre mangia carne. Se qualcuno pensa di cacciarci dopo che abbiamo vinto elezioni democratiche è fuori strada. Siamo disposti a trattare su tutto, ma il presidente non si […]

Dall’inviato Alessandro Farruggia

IL CAIRO _ “Noi diciamo: la tigre è fuori dalla gabbia, non tornerà nella gabbia e non puoi cavalcarla. E, quarto, diciamo che la tigre mangia carne. Se qualcuno pensa di cacciarci dopo che abbiamo vinto elezioni democratiche è fuori strada. Siamo disposti a trattare su tutto, ma il presidente non si dimetterà”. Gahed el Haddad è un esponente del partito Libertà e Giustizia, il braccio politico dei Fratelli Musulmani. E dice senza mezze misure che “le manifestazioni contro di noi non sono un problema, che le facciano. Ma la linea rossa è la violenza. Non subiremo”.

L’Egitto sta contando le ore del confronto più drammatico dopo la rivoluzione di piazza Tahrir. Democratici e musulmani moderati contro  Fratelli Musulmani e i vari partiti salafiti. “Tutto _ racconta Moheb Doss, uno dei cinque ragazzi  del movimento Kilfaya che ha catalizzato la protesta _ è cominciato il 18 aprile. Il governo Morsi aveva tradito le aspettative della Rivoluzione e così abbiamo iniziato una raccolta di firme per chiedere alla Corte Costituzionale di revocargli il mandato e indire nuove elezioni. Come nome abbiamo scelto la parola tamarrod, ribelle. I partiti del Fronte di Salvezza Nazionale di sono giunti dopo”.

Volevamo 15 milioni di firme, due milioni di più di quelle avute da Morsi alle presidenziali _ prosegue _  ne abbiamo ottenute 22 milioni. Come possiamo fermarci?”. Da due giorni si sono ripresi piazza Tahrir e hanno inziato a piantare tende davanti al palazzo presidenziale. “Visto quanto successe due anni ha _ spiega _ Hersham Abou El Sedik, uno dei coordinatori per la sicurezza del Movimento _ abbiamo creato picchetti ad ogni ingesso di piazza Tahrir e squadre d’ordine nella piazza, per evitare infiltrazioni e il fenomeno delle molestie e degli stupri”. Non abbastanza, dato che solo ieri ce ne sono stati 5, uno dei quali ai danni di una reporter olandese.

Gli islamici radicali hanno dato vita ad un movimento uguale contrario chiamato tagarrod (imparzialità) che sostiene di aver raccolto 15 milioni di firme e ha già manifestato venerdì, dopo la preghiera, innescando scontri ad Alessandria, nel delta del Nilo, nell’alto Sinai. I Fratelli Musulmani hanno affidato a un chilometrico discorso fiume di Morsi la risposta politica. Ma la mancanza in platea del Grande Sceicco della moschea di Al Azhar, Ahmed al Tayeb e del patriarca copto della chiesa d’Egitto, Twadros II, ha confermato il loro implicito supporto per Tamarrod. “Le manifestazioni contro la guida del paese non sono contro gli insegnamenti dell’islam” ha detto al Tayeb facendo infuriare Fratelli Musulmani e Salafiti .Che oggi muoveranno verso piazza Tahrir.

L’ipotesi del bagno di sangue è più che reale, e un ruolo chiave l’avranno le Forze Armate. Il ministro della Difesa generale Abdel Fatah al Sisi ha avvertito che l’esercito non consentirà una guerra civile. Il che apre l’ipotesi di un golpe soft, al quale si starebbero convincendo gli americani, che per lungo tempo hanno cercato di coltivare il rapporto con i Fratelli Musulmani e ora assistono al fallimento nei fatti del governo Morsi. Con un tasso di popolarità sceso dal 70 al 42%. “Noi _ dice Kahled Dawud, portavoce del Fronte di Salvezza Nazionale _ siamo per un islam moderato, loro hanno una limitata concezione della democrazia. Per guidare un Paese devi essere qualificato, non è un lavoro che impari facendolo e i risultati si vedono”.

Da quando c’è il nuovo governo _  dice Fakri el Fiki, economista ed esponente del partito liberale Wafd _ abbiamo perso venti miliardi di dollari di entrate. Il deficit sta aumentando, il cambio si è svalutato del 20%. Se non raggiungiamo al più presto un accordo con il Fondo monetario possiamo sopravvivere solo un anno, poi il paese andrà in default”.

Queste sono tra le ragioni principali del malcontento popolare. Il fallimento è politico. “Dopo 62 anni di corruzione _ replica Mourad Mohammed Aly, portavoce di Fratelli Musulmani _ era difficile fare presto qualcosa. Ma siamo disponibili ad ascoltare la gente”. Forse, è troppo tardi.

 

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