di Alessandro Farruggia
Roma 8 maggio _ L’ha fatto. A prescindere dalla mancanza di evidenze, di prove, che l’Iran sta violando l’accordo o abbia svolto un programma nucleare negli ultimi otto anni, il Presidente Donald Trump ha ritirato gli Stati Uniti dal Nuclear Deal sull’Iran. Ha detto di avere le prove che l’Iran ha mentito, ma non ha mostrato i riscontri di quello che ha affermato. Il suo intervento è stato avaro di particolari ma estremamente chiaro sul fatto che gli Stati Uniti cambiano radicalmente linea, a prescidere da tutto e da tutti. (l’annuncio di Trump dalla Casa Bianca è visibile QUI).
In un processo alle intenzioni che ha dipinto il regime di Teheran come la minaccia principale e il male assoluto l’America di Trump si mette l’elmetto. La sua è una scelta ideologica, a prescindere. Trump aveva promesso: o l’accordo sarà rinegoziato o sarà da noi terminato. Così è stato. Gli Stati Uniti non ne saranno più parte. E torneranno le sanzioni. La linea di John Bolton e di Mike Pompeo, la linea dei falchi, vince. Il tentativo di Obama di ingabbiare l’Iran in un accordo che convenisse a tutti, viene platealmente sconfessata.
Adesso si apre una fase delicatissima, nella quale sono parecchi i pessimisti. Se il presidente Donald J. Trump si ritira, l’accordo, formalmente noto come il piano d’azione globale congiunto (JCPOA), crollerà, “forse entro settimane o mesi“, aveva avvertito in una intervista al Council on Foreign Relations (Cfr) Philip H. Gordon del QCR, che ha contribuito a negoziare l’accordo alla Casa Bianca di Obama. “Quasi certamente crollerà _ sostiene Gordon _ anche se la tempistica dipenderà da ciò che l’Iran e altri paesi faranno in seguito. Se le sanzioni statunitensi dovessero entrare in vigore, l’Iran potrebbe accusare Washington di inadempienza e deferire la questione alla commissione mista della JCPOA, fissando un periodo potenzialmente lungo durante il quale l’accordo rimarrebbe in vigore. Poiché l’abolizione delle sanzioni statunitensi è una parte fondamentale dell’accordo, tuttavia, al termine di tale processo l’Iran probabilmente insisterà sul fatto che gli Stati Uniti non rispettano le sue disposizioni e che pertanto non è più obbligato a rispettarle. L’Iran e altri paesi potrebbero continuare ad attuare l’accordo anche se gli Stati Uniti sono fuori, ma è difficile immaginare che questo scenario possa durare a lungo, in quanto negherebbe all’Iran i principali benefici che gli erano stati promessi in cambio del congelamento del suo programma nucleare”.
L’Aiea/Iaea ha ribadito chiaramente nei suoi rapporti che non ci sono evidenze che il programma nucleare iraniano sia continuato dopo il 2009 o, peggio, che stia tuttora continando. Gordon ritiene che così sarà anche nel futuro per quanto riguarda la costruzione della bomba. Ma pensa anche sche alcuni aspetti del programma potrebbero riprendere. “Non credo _ sostiene _ che l’Iran si affretterà ad espandere il suo programma o procedere alla costruzione di ordigni nucleari, una cosa che potrebbe unire il mondo contro di loro in un momento in cui la maggior parte di loro accuserebbe gli Stati Uniti di aver ucciso l’accordo. Ma l’Iran probabilmente potrebbe riprenderere alcuni degli aspetti del programma nucleare che erano stati congelati – per esempio, accelerando la ricerca e lo sviluppo sulle centrifughe avanzate, espandendo le sue scorte di uranio a basso arricchimento, o anche riprendendo l’arricchimento a livelli più pericolosi del 20 per cento – e potrebbe porre fine al programma di verifica avanzata previsto dal JCPOA. . Allora la domanda sarebbe: cosa gli Stati Uniti farebbero in risposta, vedendo che come la capacità dell’Iran di costruire una bomba cresce poco a poco in assenza di monitoraggio internazionale”. Un attacco preventivo, magari con Israele e l’Arabia Saudita? Visto le accuse di sponsorizzare il terrorismo e destablizzare il Medio Oriente rivolte all’Iran oggi, chiamato “regime del terrore” non è del tutto improbabile. Anzi.
Ma lo scenario peggiore non è il solo, e forse non è il più probabile se gli altri attori in gioco mostreranno gli attributi Unione Europea, Russia, Cina, Gran Bretagna, Francia, Germania resteranno nell’accordo e cercheranno di lavorare con l’Iran per garantire che l’accordo viva e il regme degli ajatollah non scelga di riaprire una pagina che aveva chiuso fidandosi dell’Occidente. Rohani oggi , dopol decisone di Trump, ha detto che resterà nell’accordo ma di quel che accadrà da qui a sei mesi nessuno è disposto a giurare. Per cercare di evitare che l’Iran cada di nuovo nelle sue peggiori tentazioni e questo inneschi nel Medio Oriente una corsa alla proliferazione, a partire dall’Arabia Saudita ,servirò diplomazia e ancor più decisione.
Il destino dell’accordo e ancora più il destino della proliferazione nuclere in Medio Oriente è nelle mani dei paesi che hanno deciso di rimanere nell’accordo. Molto dipende da loro. Molto dipende dall’Europa (vedi l’intervento di Annalisa Perteghella dell’Ispi). E moltissimo dalla Russia, per la quale si aprono ulterori praterie in Medio Oriente. Se gli altri paesi nell’accordo non terranno duro, se non sapranno convincere Rohani che l’Occidente resta credibile nelle sue promesse, l’Iran tornerà in mano ai peggiori fondamentalisti e allora ognuno nel Medio Oriente andrà per conto suo e cercherà di dotarsi dell’arma nucleare. E se uno l’atomica ce l’ha, specialmente in un paese senza democrazia, particolarmente in un regime autocratico (Arabia Saudita) o teocratico (Iran) ha sempre la tentazione di usarla. La scommessa ideologica di Trump rischia di essere il fiammifero in una polveriera e di aggravare ulteriolmente il profondo solco tra i due lati dell’Atlantico.
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