Rosy Mauro se ne deve andare. Gliel’ha chiesto il suo vecchio capo, Umberto Bossi, Bobo Maroni a Bergamo, e tutti i triumviri. Bene, tutti d’accordo, bravi, bis. Ci vuole pulizia, che diamine. E, quindi, che la ‘badante’ (così la chiamano nella Lega) se ne vada. Lasci il partito e la vicepresidenza del Senato. Bravi, bravi, bis.

Ebbene, fin qui, nessun dubbio. Tutto giusto, sacrosanto. La ‘Nera’ è doveroso che faccia un passo indietro e il fatto che lei ‘resista’ e si ribelli al volere del partito la rende il più semplice capro espiatorio padano. Capace di fomentare le folle di Bergamo: ‘Chi non salta Rosy Mauro è’. Ma se tutto questo è sacrosanto, non mi piace per niente l’accanimento che, sul web (e non solo), ha preso di mira Rosy, spesso esulando dal tema inchiesta e concentrandosi su altro. Banalizzando. Cioè, mi spiego. Sono in tanti coloro che, uscita la notizia del suo partner ‘Pier Mosca’ (Rosy nega e il Senato dice di non averlo mai avuto a libro paga) – il bodyguard-cantante Pierangelo Moscagiuro abbronzato e non ancora quarantenne – hanno iniziato a scatenarsi. Ma non facendo un po’ di sana ironia che ci sta (la canzone ‘Kooly Noody’, in effetti, si presta alla grande), ma in maniera becera, fastidiosa, incentrandosi sulla ‘bruttezza’ di lei e sui soliti stereotipi senza capo, né coda.

‘Ratto, cesso…’  solo per evocare alcune delle espressioni più eleganti. La pulizia è un conto, l’insulto libero un altro. E se proprio bisogna insultare, insultiamo certi comportamenti della politica che ormai danno il voltastomaco non solo alla base leghista, ma a tutti noi. E, magari la prossima volta, insultiamo prima. Non dopo. Perché è troppo facile. Davvero troppo. E trasformare Rosy Mauro, aiutati lombrosianamente dai suoi capelli corvini e dalla carnagione scura, in una strega (poco padana) sembra un escamotage davvero di basso livello. Ma a quanto pare, funziona. Per mettere tutto il resto della spazzatura (e ce n’è tanta) sotto il tappeto. 

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