Massimo D'Alema«ORMAI è bollito». Lo disse Claudio Velardi nel 2008 a proposito del suo ex leader Massimo D’Alema, di cui era primo consigliere negli anni a Palazzo Chigi (1998-2000). E lo ripete oggi: «Bollito era e bollito rimane».
A Roma, però, sta tramando per candidare Massimo Bray.
«Certo. L’idea è mettere in piedi una lista con l’improbabile Bray per far perdere Giachetti. D’Alema non punta a vincere, ma a far perdere Matteo Renzi».
Per fare, poi, una scissione.
«(Ride). Macché. D’Alema, ma anche Pier Luigi Bersani e Antonio Bassolino non possono andarsene dal partito perché non gli conviene. Se fanno la scissione come Fassina, chi li intervista e li riconosce più?».
Qual è allora l’obiettivo di questa azione di disturbo?
«Mantenere una quota di potere. Cioè la possibilità di veto verso il premier».
Insomma, provocare una Caporetto di Renzi alle amministrative.
«Certo. Chi è Bray? Un fortunato che ha fatto giusto il ministro per una stagione. Lo stesso Bassolino, dopo il caos delle primarie, formerà una lista per far perdere la Valente».
Ma se i ‘ribelli’ votano in dissenso col partito alle elezioni devono poi lasciare il Pd.
«Si proclamano puri e i buoni, ma fanno solo politica in modo feroce. Li capisco eh, ma almeno non tirino fuori gli ideali».
Li capisce?
«Renzi li ha sterminati. Stanno solo cercando di non morire».
Distruggendo il Pd?
«La democrazia è ormai un voto di scambio. Si vota un partito perché difende i propri interessi. Lo spiega bene il sociologo Hirschman nel suo ‘Le passioni e gli interessi’…».
Quindi qual è l’interesse comune di D’Alema-Bersani?
«A volte possono essere morbidi, altre volte più duri… Ma di certo c’è che sono stati e sono ancora comunisti. Loro conoscono solo la scuola del Pci. È una scuola unica che t’insegna un’unica cosa: la gestione del potere».
Già, ma restano in minoranza.
«E allora? Non aspirano a governare il Paese come Renzi. Pensano solo a loro e ai propri amici».
Quindi è vero che al premier converrebbe una scissione…
«Renzi non può cacciarli. Immaginate D’Alema martire?».
Il rischio, però, è un altro caso Liguria.
«Mettiamo che D’Alema raggiunga lo stesso scopo di Cofferati che fece perdere la Paita: che cosa determinerà? Di sicuro non più consenso per lui e i suoi».
Manterrà la sua quota di potere.
«Ma chiediamoci: quanto incide? Quanto pesa? Che cosa determina? Dove va?».
Se il premier fallisce alle comunali potrebbe dimettersi come D’Alema nel 2000…
«Lì sbagliammo noi. E comunque Renzi non mollerà. Tutti sanno, da Berlusconi alla sinistra Pd, che è l’unico che può governare perché nessuno ha un progetto alternativo».
Intanto restano le grane delle primarie…
«Tutto ha origine da Tangentopoli, quando fallirono i partiti della Prima Repubblica. O si fa una riforma seria dei partiti e, quindi, si regolamentano anche le primarie, o i gazebo saranno sempre un casino».
Niente più primarie, allora?
«Meglio queste di niente. Ma senza regole certe va a finire come a Napoli… Che vincesse Bassolino o la Valente era indifferente: si tratta sempre di due apparati».

Rosalba Carbutti

Twitter@rosalbacarbutti

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