La guerra della renzitudine

Era fine agosto 2013 quando Renzi, dopo una vacanza negli Stati Uniti, fece il suo grande ritorno pronto a conquistare segreteria (e poi Palazzo Chigi) dal palco di Borgo Sisa a Forlì. Nella terra rossissima, prima bersaniana doc, promise convinto: “Se divento segretario rottamo le correnti. Il partito non si eredita, si conquista”. Ecco, appunto. […]

Era fine agosto 2013 quando Renzi, dopo una vacanza negli Stati Uniti, fece il suo grande ritorno pronto a conquistare segreteria (e poi Palazzo Chigi) dal palco di Borgo Sisa a Forlì. Nella terra rossissima, prima bersaniana doc, promise convinto: “Se divento segretario rottamo le correnti. Il partito non si eredita, si conquista”. Ecco, appunto. Promessa mantenuta, Renzi ha (stra)conquistato il partito. Ma le correnti, sebbene sotto traccia, ormai zittite da quell’oltre 40 per cento alle Europee che aleggia in ogni confronto, tentano di non morire. La minoranza dem, ad esempio, dalla festa dell’Unità di Bologna, si è rifatta viva prima con l’ex leader Bersani, poi con D’Alema, in gran spolvero nonostante la nomina (al posto suo) della Mogherini come lady Pesc. Sotto il fuoco di fila l’operato dell’esecutivo Renzi (”Il governo compie indubbiamente degli sforzi, poi i risultati sicuramente per ora non sono soddisfacenti”, ha detto D’Alema) e pure gli 80 euro (”un’operazione redistributiva, ma con molti difettucci”, ha messo in evidenza Bersani). Ma soprattutto a finire nel mirino del cosiddetto apparato è la gestione del partito che, non è un mistero, per gli ex Pci è tutto. Ma se la ‘ditta’ sta sempre di più assomigliando a un partito liquido, dove non c’è “una segreteria ma (ci sono) fiduciari del premier”, ha ribadito D’Alema, i renziani della prima ora accusano i renziani della seconda di rappresentare l’apparato (vedi Richetti che attacca Bonaccini, sfidanti per conquistare la candidatura Pd alle regionali emiliano-romagnole, ma già circola voce di un possibile nome forte per evitare la guerra fratricida). Morale della favola: non basta per i renziani rottamare le correnti della sinistra pd (marciano divise e scomposte tra bersaniani, cuperliani, ex giovani turchi, civatiani etc…), perché pur riuscendo nell’intento di “normalizzarle” issando il vessillo dell’oltre 40 per cento conquistato dal Pd alle Europee (risultato storico che ha fatto esultare anche chi renziano non era), la guerra ora è tutta interna. Tra renziani. E la sfida – vedi le prime schermaglie Richetti-Bonaccini – sarà proprio sul livello di “renzitudine” raggiunto. A questo punto, Renzi, avrà sì, forse, rottamato le correnti, ma non la battaglia delle poltrone che sarà sempre più cruenta e distruttiva. Occhio.

Rosalba Carbutti

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