ARTICOLO PUBBLICATO SU QN (il Resto del Carlino, La Nazione e il Giorno) il 3 giugno 2013

SANDRO Bondi, coordinatore autosospeso dal Pdl, quando ha visto in Sardegna il partito riunirsi con i falchi Capezzone, Verdini, Santanché e lui, la colomba, all’angolo, non ce l’ha fatta a stare in silenzio. Così, come un figlio non abbastanza considerato dal padre, ha lanciato l’ennesimo segnale di disagio: «I viaggi in Sardegna di Berlusconi non mi stupiscono, ma resto convinto che il confronto delle idee rappresenti l’anima e la forza di un movimento politico». Un’altra richiesta di ascolto che il Bondi poeta e politico ha riproposto spesso, trasformandola in un siparietto ben rodato, a partire dai ripetuti tentativi di dimissioni. Del copione fanno parte i melodrammi dei vari colleghi di partito (da Schifani a Brunetta) che lo riesumano dall’oblio in cui essi stessi l’avevano gettato con un coro di «Sandro ha ancora tanto da dare al Pdl» e di lodi «al suo equilibrio e alle grandi capacità politiche». Ma chi segue l’ex comunista folgorato sulla via di Arcore sa che questi sfoghi e queste sofferte marce indietro sono ormai diventati un format. Le dimissioni le aveva presentate (sempre respinte) nel maggio 2012 e ancora prima il 30 maggio 2011 dopo le amministrative. Resta, ad onor di cronaca, un unico vero addio datato marzo 2011, quando i crolli di Pompei lo costrinsero a lasciare il ministero dei Beni Culturali. «Facile al pianto, più facile alla poesia, non fa parte né dei falchi né delle colombe berlusconiane ma degli usignoli. Io non ho un gran giudizio di lui — però non riferiteglielo perché poi ne soffre — come ministro dei Beni culturali, come politico e come poeta», scriveva Marcello Veneziani sul Giornale alla vigilia delle sue dimissioni. Fu la goccia che fece traboccare il vaso. L’allora ministro Pdl, già provato dalla mozione di sfiducia dell’opposizione contro di lui, diede ascolto alla propria ipersensibilità: «Ora sarò libero di impegnarmi alla mia più autentica vocazione che è il lavoro intellettuale».  Ha mantenuto la promessa: l’ode a dimissioni e vittimismo è rimasta il suo pezzo forte.