«NESSUN outsider, il candidato della Capitale del Movimento 5 Stelle sarà uno degli ex consiglieri». Lo ha ventilato Gianroberto Casaleggio, ma la voce è confermata anche a Roma. I diretti interessati non si sbilanciano, ma gli ex consiglieri M5S più in vista, Marcello De Vito e Virginia Raggi, bocciano l’idea del ‘briscolone’ della società civile. «Non abbiamo bisogno dell’uomo della svolta», scandisce De Vito.
E pure Carla Ruocco, una delle deputate del direttorio 5 Stelle, smentisce che i grillini siano in cerca di un deus ex machina esterno al Movimento. Niente star o uomini della provvidenza, insomma. L’idea del giudice Ferdinando Imposimato da far scendere in campo modello Rodotà-à-à viene liquidata come una sciocchezza.
«La prossima volta diranno che il nostro candidato è Paperino», scherza la Raggi. Il Movimento, insomma, fa sul serio. E a Roma punta sulla base per scegliere i nomi che poi verranno decisi online. Metodo diverso a Milano dove, oggi, partono le primarie (senza web) tra otto candidati e domenica si vota in un auditorium alla periferia est della città.
Nella Capitale, invece, la tentazione di presentare Alessandro Di Battista, già deputato e quindi, secondo le regole M5S incandidabile come sindaco, non c’è.
Lo «esclude categoricamente» la senatrice romana Paola Taverna e l’ha ripetuto anche il diretto interessato. Una scelta che pagherà? Secondo i 5 Stelle sì, ma i sondaggisti sono di tutt’altro avviso. La scelta del candidato, benché targato 5 Stelle, marchio forte a Roma dopo la vicenda Marino, pesa. Eccome. Per Antonio Noto, di IPR Marketing, il M5S a Roma viaggia oltre il 30%, la coalizione del centrodestra al 25-26% e quella di centrosinistra addirittura sotto il 20%. Uno scenario che, se fosse confermato alle urne, taglierebbe fuori dal ballottaggio il Pd e rimetterebbe in campo il centrodestra.
Numeri, certo, da dare con cautela, essendo immediatamente successivi alla débâcle Marino, ma che ben spiegano il corteggiamento dei partiti ad Alfio Marchini.
Ciò nonostante, assodato il netto vantaggio del M5S, per Noto «mettere in lizza un possibile sindaco di peso» fa comunque la differenza. «A Napoli, ad esempio, il M5S è al 22%, ma se il candidato fosse Luigi Di Maio, arriverebbe al 32%. A Roma, lo stesso valore aggiunto lo potrebbe dare Alessandro Di Battista».
Ragionamenti che, però, non toccano il Movimento e gli ex consiglieri romani.
La Raggi sottolinea che il modo in cui è stata gestita la crisi Marino dimostra «come il Pd non abbia nulla di democratico. Hanno preferito scappare, piuttosto che confrontarsi in Aula». I risultati della giunta Marino parlano da soli: «Una finta pedonalizzazione dei Fori imperiali in due anni. L’arrivo del commissario Tronca dimostra che la politica ha perso», sentenzia Raggi.

Il collega De Vito va oltre: «Il Pd è stato vigliacco. A noi non ci hanno neanche chiesto di firmare le dimissioni per far subito le prove di un mega inciucio… Ora speriamo solo che si voti in fretta, noi siamo pronti».
Nessuna paura di governare, insomma. Né di «bruciarsi» con la bega Capitale. Resta il Giubileo. Renzi, in caso di buona riuscita, potrebbe sparigliare con un candidato e una narrazione ‘modello Expo’. Il sondaggista di Ispo, Renato Mannheimer, però, ridimensiona le speranze democratiche. «Può anche andar bene il Giubileo, ma quello che conta è sempre il candidato».

Rosalba Carbutti

Intervista pubblicata su QN il 1/11/2015

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