La Cassazione: stop alle avances in ufficio

Primo: smettiamo di credere che se un uomo fa un’avance o una battuta spinta a una donna, alla donna in questione faccia piacere. E, soprattutto, smettiamo di credere che basti dire una qualunque cavolata, offesa, triste commento per passarla sempre liscia. Amici cari, non accusatemi di femminismo radicale. E non puntate il dito contro di […]

Primo: smettiamo di credere che se un uomo fa un’avance o una battuta spinta a una donna, alla donna in questione faccia piacere. E, soprattutto, smettiamo di credere che basti dire una qualunque cavolata, offesa, triste commento per passarla sempre liscia. Amici cari, non accusatemi di femminismo radicale. E non puntate il dito contro di me, come se fossi la solita amica delle donne che non vede oltre al proprio naso. Non sono solo io a pensarla così, ma pure la Cassazione. Sì cari maschietti, pronti a minimizzare sempre qualuque boutade di cattivo gusto, solo perché corredata di grasse risate scherzose, vi tocca abozzare. Se lo dicessi io mi attirei le vostre ire, lo so. Ma a pronunciarsi è stata la Cassazione che ha stabilito che le avances sul luogo di lavoro, anche per scherzo, sono passibili di una condanna per ingiuria. Sì, avete capito: tu, ad esempio, brillante e con il sorriso stampato dai della ‘pornodiva’ alla tua collega? Chissenefrega se è una gag ironica: la Cassazione non perdona. E’ successo a un dipendente della Poste che, in primo grado era stato condannato dal giudice di pace a pagare 400 euro di multa e a risarcire i danni alla collega offesa, ma in appello il tribunale aveva ribaltato la sentenza. Tant’è che il collega simpaticone era stato assolto perché si era trattato di una ‘condotta scherzosa’. Poi la Suprema Corte ha dato l’esito definitivo accogliendo il ricorso della parte civile (il processo continuerà quindi ai soli effetti civili) rilevando che il fatto che “una donna possa tollerare delle avances più o meno tra il serio e il faceto non comporta affatto che ella si debba considerare disposta a farsi prendere a male parole, così come, ancor prima, l’avere risposto con un sorriso alla condotta scherzosa di un collega non autorizza affatto un altro uomo a ritenere che le sue battute siano altrettanto tollerate, o addirittura gradite”.

Ecco, per me, è una bella rivincita. C’è solo una piccola postilla che vorrei aggiungere: non c’è bisogno della Cassazione per far capire agli uomini di darsi una regolata. E non c’è bisogno della Cassazione per far capire alle donne di darsi una svegliata e rispondere a tono a chi le offende. O le apostrofa con battute poco consone…

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