Indivanados al governo

Delusi dalla vecchia e della nuova politica? Stanchi di scendere in piazza a manifestare? C’è una terza via: la rivoluzione. Ma dal divano. Gabriele Ektorp (il cognome per chi bazzica all’Ikea dovrebbe evocare qualcosa…), bolognese, 41 anni, ingegnere, stanco di guardare Report, Ballarò, Piazza Pulita e tutti i talk politici e poi discuterne al bar […]

Delusi dalla vecchia e della nuova politica? Stanchi di scendere in piazza a manifestare? C’è una terza via: la rivoluzione. Ma dal divano. Gabriele Ektorp (il cognome per chi bazzica all’Ikea dovrebbe evocare qualcosa…), bolognese, 41 anni, ingegnere, stanco di guardare Report, Ballarò, Piazza Pulita e tutti i talk politici e poi discuterne al bar e alla macchinetta del caffè con i colleghi, ha deciso di dare un senso a questo chiacchiericcio continuo e indignato creando gli indivanados. Da qui,  sono nati il sito web e gli account su Twitter e Facebook che, via via, stanno accumulando mi piace (più di mille) e followers (oltre 7mila)

Gabriele chi te l’ha fatto fare?

«Nel 2011 a Bologna, in piazza del Nettuno, c’era uno striscione degli indignados (quelli spagnoli, ndr): ‘la rivoluzione non si fa sul sofà’ e mi è venuta l’illuminazione».

E così sono nati gli indivanados.

«In realtà sono sempre esistiti. Ma poi leggendo un libro di un mio amico bolognese (Ci meritiamo tutto di Danilo Masotti) ho preso spunto da un suo personaggio che si rovinava la domenica guardando Report, commentando ‘il giorno dopo non succede mai un ca…’. E mi sono buttato».

E ora che cosa fate?

«Battaglie a video aperto, armati di telecomando e pc, smartphone e dintorni. È nato tutto nel 2012 con il boom di Twitter».

Come si diventa Indivanados?

«La Repubblica de @il_divano è il luogo della rete dove gli Indivanados si ‘riuniscono’ tutti i giorni. Basta menzionare @indivinados o @il_divano con un tweet e il gioco è fatto».

Qualche giorno fa, però, come un partito qualunque, avete anche fatto un Congresso a Roma. Non è una contraddizione?

«Lo può sembrare. Ma anche durante la primavera araba il cosiddetto ‘partito del divano’, tacciato di indignarsi solo online, scese in piazza col sofà a manifestare. Il Congresso è stato un modo (fisico) di conoscerci e confrontarci».

Quale mozione ha vinto?

«Quella dello scioglimento istantaneo del partito. Se si fosse votato contro, saremmo diventati una formazione politica vera e propria e ogni follower avrebbe poi dovuto pagare una quota… Nessuno, mai, avrebbe accettato un tale ‘affronto’».

Chi c’era al vostro Congresso?

«Eravamo un centinaio di indivanados più l’ex deputata Pd Anna Paola Concia, Mina Welby, il radicale Marco Perduca e ci sono pure arrivati i saluti di Stefano Rodotà e Guido Crosetto».

Che c’azzeccano Rodotà con Crosetto?

«Gli indivanados sono trasversali».

Sì, ma dai vostri sondaggi interni, com’è la composizione?

«La maggior parte sono piddini che si lamentano, grillini, qualche vendoliano e ingroiano e poi un’area liberal corposa».

I liberal con chi s’identificano?

«Avrebbero votato Oscar Giannino se solo non ci fosse stato il caos della laurea».

Pidiellini e leghisti, invece, niente?

«Pochi. Per ora».

Ma, tutta questa mobilitazione web, a che cosa serve?

«A costruire un nuovo modello di partecipazione».

Sembra uno slogan del M5S.

«Non vogliamo fare un movimento politico, né creare aggregazioni tipo il Popolo viola, i Pirati etc… Vogliamo soltanto provare, attraverso hashtag, mi piace, post e tweet, a incidere sul processo decisionale».

E ci si riesce?

«Quando si è insediato Nicola Zingaretti come governatore del Lazio abbiamo organizzato un tweet-mob per la Peter Pan onlus, una casa famiglia romana per bambini malati oncologici che rischiava lo sfratto. Grazie all’impegno degli indivanados che hanno twittato compulsivamente riuscendo ad aggredire le tendenze di Twitter, la visibilità è cresciuta. E la Regione ha dato una casa in comodato d’uso gratuito a questa associazione».

Mica male… quindi basta un hashtag.

«In realtà un # non basta. Dal divano bisogna anche telefonare, scegliere i tempi giusti per aggredire i ‘trending topics’ e via così».

Però ciò dimostra che si può fare, quale sarà il prossimo passo?

«Il governo del divano».

E come funzionerà?

«Facendo finta di essere una repubblica fondata sull’inattivismo, abbiamo creato un Parlamento con due camere (la Camera è Facebook, il Senato-salotto èTwitter) e un capo del governo».

Come si fa a legiferare?

«Le proposte di legge (i plaid) si voteranno con la stellina di Twitter e i ‘mi piace’ di Facebook. Quelle che ottengono maggior consenso, poi, le faremo avere a politici e personalità per farci sentire».

Non è che poi dal divano prima o poi si scende, facendo il grande salto?

«È solo una passione. Non si guadagna nulla ed è anche questo il bello».

Rosalba Carbutti

Twitter@rosalbacarbutti

E’ questione di cuore è anche su Facebook

Ps:  Per chi volesse leggere i vecchi post, clicchi qui: http://club.quotidiano.net/carbutti

congresso danilo masotti divano facebook gabriele ektorp indignados indivanados nicola zingaretti pd pdl politica rivoluzione sel twitter web