Icone rock e leader rottamati, la guerra delle feste Pd

Articolo pubblicato il 2 settembre su QN La guerra delle correnti Pd si gioca alle feste democratiche. Se da una parte Enrico Letta e Guglielmo Epifani hanno inaugurato la festa nazionale di Genova, Matteo Renzi prima ha scaldato i motori per la sua corsa alla segreteria dalla Romagna, poi ieri si è furbescamente spostato nel capoluogo ligure […]

Articolo pubblicato il 2 settembre su QN
La guerra delle correnti Pd si gioca alle feste democratiche. Se da una parte Enrico Letta e Guglielmo Epifani hanno inaugurato la festa nazionale di Genova, Matteo Renzi prima ha scaldato i motori per la sua corsa alla segreteria dalla Romagna, poi ieri si è furbescamente spostato nel capoluogo ligure vincendo contro il premier la battaglia del pubblico. E proprio mentre in tour per l’Italia si muovono i big del Pd, pronti alla volata finale prima del Congresso, sono proprio i luoghi simbolo del partitone a mettere definitivamente ko il sogno emiliano, schiantato tra un palco, pentoloni stracolmi di tortelli e qualche giostra arrugginita uguale a se stessa da anni. Basta vedere il trattamento riservato all’ex segretario Pd Pier Luigi Bersani alle feste del suo partito, per capire che il motto dell’Italia giusta ha fatto in tempo ad accartocciarsi per trasformarsi in un più realista Mors tua vita mea. Dal fedelissimo, al dirigente locale fino alla sfoglina, è tutto un giro di valzer, pardon di mazurke. Qualche festa dem (vedi Pesaro) non l’ha neppure invitato, mentre a Torino il pierino Roberto Reggi, fedelissimo di Renzi, rovinerà la chiusura della kermesse dell’ex leader organizzando un bel contro-dibattito in contemporanea. Tutto calcolato, basta fare un salto indietro nel tempo, da Prodi, a D’Alema a Veltroni, per non stupirsi della capacità autorottamatrice della sinistra, tant’è che lo stesso Bersani sintetizzò la delusione dei 101 con un laconico: «La politica finisce sempre con un dispiacere». Ma forse vedere le zdore con le mani sporche di farina urlare alla festa Pd di Borgo Sisa (Forlì) per l’arrivo del rottamatore sbattendo i mestoli contro le pentole, è troppo anche per un ex segretario avvezzo alla guerra fratricida tra correnti. Di fronte a questo opportunistico andazzo, il rottamatore non ha fatto altro che piombare come una rockstar a una classica festa dell’Unità in Romagna, duellare con Enrico Letta a distanza (il premier era alla festa democratica di Genova, ndr) e dare il colpo di grazia a Pier Luigi Bersani, sul palco della festa Pd di Ravenna con una rediviva Josefa Idem, e al sogno emiliano che qualche mese fa sembrava diventare realtà. Ma per tutti, per usare una delle ormai famose metafore bersaniane, la ruota gira, e l’ex leader sabato sera, ha avuto una mezza rivincita proprio a Bologna, città rossa per eccellenza, dove aveva preso una delle pugnalate più forti: la conversione al renzismo del sindaco del capoluogo felsineo Virginio Merola.
«A seguire Bersani c’erano circa 1500 persone, segno che qui al sogno emiliano la gente ci credeva davvero – dice Alberto Aitini, segretario provinciale bolognese dei giovani democratici – e non per convenienza.  Non dimentichiamo poi che i circoli Pd della città mica appoggiano Renzi. Al Congresso se mai ci sarà, visto che gira voce nel partito che possa saltare, la maggior parte degli iscritti bolognesi voterà per Gianni Cuperlo».
Rosalba Carbutti
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