Intervista pubblicata su QN il 24 agosto 2015

«MATTEO, fai come Tsipras e vai al voto». Tutta colpa di Roberto Giachetti, vicepresidente Pd della Camera, che ha lanciato un avvertimento alla minoranza del partito, pronta al Vietnam sulla riforma del Senato. Una provocazione? Una pressione per spingere una scissione modello Syriza? Una prova di machismo, per dirla con Dario Ginefra della minoranza dem? Di certo, l’idea solletica qualcuno tra i falchi renziani, come Davide Faraone, mentre il capogruppo Pd alla Camera, Ettore Rosato, liquida la richiesta di voto anticipato come una «sciocchezza». Al Nazareno tutto tace: Matteo Renzi starà in silenzio fino a martedì, quando interverrà al Meeting di Cl, ed è il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini a dettare la linea. «Non abbiamo certo paura del voto, ma dobbiamo governare e rimettere in moto il Paese con le riforme». Gli fa eco Gennaro Migliore, l’ex Sel ora renziano duro e puro, che mette al centro le riforme.
Peccato che a Palazzo Madama i numeri non siano confortanti, la minoranza non pare disposta a cedere sul Senato elettivo e pure le unioni civili arrancano sotto il peso delle resistenze di centristi e di alcuni dem. E se allora l’idea di Giachetti non fosse così fantascientifica? Politologi e sondaggisti sono scettici. Sebbene ci sia chi, come Piergiorgio Corbetta, direttore di ricerca dell’Istituto Cattaneo di Bologna, non consideri scellerata, dal punto di vista elettorale, l’ipotesi.
«L’ala dissidente del Pd non si è strutturata, Berlusconi è sempre in difficoltà, quindi a Renzi potrebbe anche convenire andare al voto. Ma – continua Corbetta – affidandosi alle urne sconfesserebbe la sua immagine di premier capace di stabilizzare il Paese e, in una prospettiva futura, per lui sarebbe controproducente».
I pontieri del Pd approvano. Se Cesare Damiano liquida Giachetti come «un pasdaran» e bolla le elezioni anticipate come «un suicidio», il senatore Luciano Violante evidenzia alcuni rischi: «Instabilità, Paese bloccato per sei mesi e conseguente no di Mattarella allo scioglimento delle Camere».
Massimo Cacciari, filosofo prestato alla politica, ride convinto: «Renzi ci pensi bene ad andare alle elezioni… al Nord, se ci fosse un ballottaggio Pd-5 Stelle, i voti della Lega andrebbero ai grillini!».
Le urne, però, potrebbero servire per neutralizzare l’opposizione interna, replicherebbe Giachetti. Ma Cacciari si rifà un’altra risata: «La sinistra Pd? Impotente. Renzi fa comunque quello che vuole». Peccato che Miguel Gotor, ieri su Qn, ribadisse l’importanza della «sinistra»: «Senza di noi molti iscritti se ne andrebbero».
Il politologo Piero Ignazi annuisce: «La scissione del Pd sarebbe un disastro. Non è vero che Renzi prende voti da destra». Il sondaggista Nando Pagnoncelli è di segno opposto: «I voti persi dal Pd rispetto alla Europee? Sono quelli degli ex elettori di centrodestra. Votarono Renzi turandosi il naso e ora non votano più. Il voto anticipato al premier conveniva allora». C’è un’unica sicurezza: del doman non v’è certezza.

 

Rosalba Carbutti

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